Milano, 12 novembre 2025 – Negli ultimi cinque anni i prezzi dei prodotti alimentari in Italia sono cresciuti del 24,9%, un aumento vertiginoso che supera di quasi otto punti percentuali il livello registrato nel 2021 e risulta nettamente superiore al tasso di inflazione generale. È quanto emerge dalla nota dell’Istat sull’andamento dell’economia nel mese di novembre. L’aumento, che ha assunto la forma di una vera e propria impennata, ha avuto effetti significativi sul potere d’acquisto delle famiglie, in particolare di quelle con redditi più bassi, costrette a ridurre le spese per cibo e bevande.
L’indagine Istat sui prezzi dei prodotti alimentari
L’Istat evidenzia che la dinamica dei prezzi alimentari è stata fortemente influenzata dallo shock energetico degli anni 2022 e 2023. L’aumento dei costi dell’energia, infatti, ha avuto un impatto diretto sui prodotti alimentari non lavorati e un effetto indiretto sull’intera filiera, facendo crescere il prezzo di componenti fondamentali come i fertilizzanti. Tale rincaro ha inciso in modo più pesante sulle famiglie economicamente più fragili, per le quali l’acquisto di generi alimentari rappresenta una parte consistente della spesa complessiva.
Nel 2025, secondo l’analisi Istat, i beni alimentari rappresentano circa un quinto del valore economico dei beni e servizi consumati dalle famiglie italiane. A settembre 2025, i prezzi del cibo risultano superiori del 26,8% rispetto al 2021, con incrementi particolarmente marcati per i prodotti vegetali (+32,7%), il latte, i formaggi e le uova (+28,1%), oltre a pane e cereali (+25,5%). Ad ottobre dello stesso anno, la carne ha registrato un aumento del 5,8% e le uova del 7,2%, mentre altri prodotti hanno visto rincari a doppia cifra: il cioccolato è aumentato del 10,2%, il caffè del 21,1% e il cacao del 21,8%.
La crescita dei prezzi, iniziata nella seconda metà del 2021, ha raggiunto il suo apice tra il 2022 e il 2023, a seguito dell’aumento dei costi energetici causato dal conflitto tra Russia e Ucraina. Sebbene nei periodi successivi l’incremento si sia attenuato, il fenomeno ha continuato a colpire in modo significativo i consumatori, con effetti persistenti soprattutto per le famiglie meno abbienti.

Le cause di questa impennata
Secondo quanto spiegato dall’Istat, le cause di questa eccezionale impennata dei prezzi dei prodotti alimentari in Italia derivano da una combinazione di fattori, prevalentemente esterni. Questi fattori hanno comportato un forte incremento dei costi internazionali delle materie prime e degli input produttivi del settore alimentare. Gli elementi interni hanno avuto invece un’influenza più contenuta, in particolare negli anni più recenti. A partire dalla seconda metà del 2021, infatti, la fase di ripresa economica post-pandemica ha generato pressioni al rialzo sui prezzi delle materie prime alimentari. La domanda crescente e le difficoltà nelle catene di approvvigionamento globali, ancora in fase di riassestamento dopo la pandemia, si sono combinate con una riduzione dell’offerta dovuta anche a eventi meteorologici sfavorevoli nei principali paesi esportatori.
L’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022 e le successive sanzioni imposte alla Russia hanno determinato un’impennata dei prezzi di gas e beni energetici. Nello stesso periodo sono continuati a salire anche i costi delle materie prime alimentari. In Italia, tra ottobre 2021 e novembre 2022, il prezzo al consumo dei beni energetici è cresciuto del 76%, un valore molto più elevato rispetto alla media dell’area euro (38,7%), dell’Unione Europea a 27 paesi (36,8%) e dei principali stati europei: Germania (42,7%), Francia (21,1%) e Spagna (2,9%). Questo incremento ha inevitabilmente avuto ripercussioni dirette sul settore alimentare, generando aumenti diffusi lungo tutta la catena produttiva.
L’aumento dei prezzi e l’incisione sui bilanci familiari
L’aumento dei prezzi ha inciso in modo pesante sui bilanci familiari, costringendo molti cittadini a modificare le proprie abitudini di consumo. Secondo i dati forniti da Assoutenti, una famiglia su tre è stata costretta, nell’ultimo anno, a ridurre la spesa per alimenti e bevande. “La costante crescita dei listini al dettaglio nel comparto alimentare ha portato a una situazione paradossale: le famiglie italiane spendono sempre di più per un carrello sempre più vuoto”, ha dichiarato il presidente dell’associazione, Gabriele Melluso. Egli ha sottolineato come, a fronte di un’inflazione nazionale all’1,2%, alcuni prodotti abbiano registrato rincari estremi, chiedendo un intervento urgente da parte del governo. Gli alimentari, infatti, rappresentano una spesa primaria di cui non si può fare a meno, e il loro aumento non solo incide sul reddito disponibile, ma impoverisce progressivamente una larga parte della popolazione, come confermato dai dati dell’Istat.
Sulla stessa linea, Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, ha evidenziato come l’inflazione relativa alle spese obbligate, come quelle alimentari, superi ormai l’indice generale. “I prezzi del cibo sono alle stelle”, ha dichiarato, spiegando che una coppia con due figli spende in media 250 euro in più all’anno per alimenti e bevande, mentre una coppia con un figlio ne spende 219 e una famiglia media 173 in più.
Le reazione dal mondo politico
Anche dal fronte politico non sono mancate critiche e reazioni. I parlamentari del Movimento 5 Stelle, membri delle commissioni Attività produttive di Camera e Senato, hanno denunciato un “crollo del potere d’acquisto” dovuto al caro-prezzi, definendo la crescita dei costi alimentari “la vera patrimoniale” imposta ai cittadini. Hanno inoltre criticato il governo per non essere intervenuto in modo efficace, ricordando il fallimento del “carrello tricolore” del 2023, un’iniziativa giudicata simbolica e priva di risultati concreti. Secondo il M5S, l’esecutivo avrebbe ignorato il problema del caro-energia, innescando un effetto domino che continua a gravare sui prezzi finali nei supermercati.
Anche Francesco Boccia, presidente dei senatori del Partito Democratico, ha accusato il governo di non affrontare seriamente l’emergenza economica. “Un governo responsabile dovrebbe preoccuparsi di trovare risorse per gli stipendi e per ridurre i costi dell’energia”, ha dichiarato, criticando le tensioni interne alla maggioranza e una legge di Bilancio definita “vuota e di pura sopravvivenza”. Boccia ha aggiunto che l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto dei cittadini al punto da far perdere, di fatto, una mensilità di stipendio. “Il costo della vita è aumentato, i prezzi del carrello della spesa sono saliti, i salari restano fermi e, se ci si vuole curare, bisogna rivolgersi al privato perché nel pubblico le liste d’attesa sono interminabili”, ha concluso.
Nel complesso, il quadro tracciato dall’Istat descrive un Paese dove l’inflazione alimentare ha inciso profondamente sul benessere economico delle famiglie. L’aumento dei prezzi, trainato dallo shock energetico e dalle tensioni geopolitiche, ha messo in crisi i bilanci domestici e alimentato disuguaglianze sociali. Pur con segnali di rallentamento, il peso del carrello della spesa continua a farsi sentire, lasciando irrisolta una delle questioni più urgenti dell’economia italiana contemporanea.






