Roma, 23 agosto 2025 – Il governo Meloni si conferma il primo per tagli alla spesa pubblica in rapporto al Pil, secondo un’analisi storica realizzata dall’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica guidato da Carlo Cottarelli. Questo risultato è principalmente attribuibile alla cessazione dei bonus edilizi, con un calo della spesa del 3,6% nel 2024. Al contrario, il governo Conte II del 2020 registra l’aumento maggiore della spesa, soprattutto a causa della contrazione del Pil dovuta alla pandemia. Escludendo gli anni di recessione, il maggior incremento si era registrato nel 2003 durante il governo Berlusconi II.
Analisi storica della spesa pubblica in Italia
Lo studio storico prende in esame l’evoluzione della spesa pubblica italiana a partire dagli anni ’80, evidenziando come la spesa sia cresciuta dal 42,5% del Pil nel 1988 al 43,4% nel 1992, per poi salire al 44% nel 1993 soprattutto a causa della crisi finanziaria che colpì l’Italia nel settembre 1992 e provocò un calo dello 0,8% del Pil reale nel 1993. I primi tagli significativi alla spesa si registrarono durante il governo Ciampi (1993-1994) e, soprattutto, con i governi Berlusconi I e Dini (1994-1996), che implementarono una riduzione pari al 2% del Pil, portando la spesa al 40,4% nel 1995. Tale riduzione rappresenta il secondo taglio più significativo degli ultimi decenni, superato solo dall’attuale governo Meloni.
Nel corso degli anni successivi, la spesa pubblica oscillò intorno al 40,5% del Pil durante i governi D’Alema e mostrò una crescita accelerata sotto i governi Berlusconi II e III, passando dal 40,3% nel 2000 al 43,1% nel 2006. Dopo una breve riduzione sotto il governo Prodi II, la spesa risalì al 42,8% nel 2008, anno della crisi finanziaria. Nel 2009 la spesa raggiunse il 46,7% del Pil a causa di un nuovo aumento in termini assoluti e di un calo del Pil reale del 5,3%. Successivamente, il governo Renzi ottenne una riduzione dell’1,1% tra il 2014 e il 2016, seguita da un ulteriore contenimento sotto il governo Gentiloni (-0,4% tra il 2016 e il 2018). Nel 2020 la spesa schizzò al 53,4% a causa della crisi Covid, con un crollo del Pil dell’8,9%. Negli anni successivi, la spesa si è ridotta grazie alla ripresa economica e, nel 2024, alla cessazione dei bonus edilizi, attestandosi al 46,7% del Pil.
L’analisi mette in luce come la spesa pubblica primaria, ovvero quella al netto degli interessi sul debito, sia cresciuta di 10 punti percentuali di Pil dal 40,4% nel 1995 al 50,3% nel 2023, anno in cui la spesa risultava ancora elevata per gli effetti dei bonus edilizi. Le componenti con maggior incremento sono state le prestazioni pensionistiche (+3,6% del Pil) e la spesa sanitaria (+1,4%), mentre è diminuita la spesa per l’istruzione, scesa dal 4,4% al 3,5% del totale tra il 1995 e il 2023.
Spending review e misure di contenimento negli ultimi anni
Nonostante le operazioni di spending review inserite nelle leggi di bilancio, i risparmi annuali ottenuti sono stati modesti, attorno allo 0,1% del Pil. Le misure più incisive hanno riguardato soprattutto la rimozione di strumenti di spesa espansiva introdotti prima del 2020, come il Reddito di cittadinanza, la sospensione del Superbonus 110% che aveva gonfiato i sussidi all’edilizia, e la limitazione degli aumenti di spesa per pensioni e sanità al di sotto del tasso di inflazione.
Dal 2016 la spending review è stata integrata nel ciclo di bilancio dello Stato con obiettivi di risparmio annuali per i ministeri, ma gli importi sono stati contenuti e non sempre accompagnati da riforme strutturali per garantire la sostenibilità nel lungo termine. Il governo Meloni ha adottato misure rilevanti come la sostituzione del Reddito di cittadinanza con un fondo più contenuto per la povertà, la revisione dei bonus edilizi (con il Superbonus che ha generato una spesa cumulata di circa 107 miliardi secondo Enea a gennaio 2024), la parziale deindicizzazione delle pensioni e il mancato adeguamento pieno della spesa sanitaria all’inflazione. Questi interventi hanno prodotto risparmi importanti, sebbene siano stati in parte compensati da piccoli aumenti di spesa in altri settori.
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), le misure di revisione della spesa sono prevalentemente formali, con l’istituzione di un Comitato scientifico al Ministero dell’Economia per supportare l’analisi e il monitoraggio della spesa pubblica e l’introduzione di valutazioni ex-post dei risultati della spending review.
Il quadro complessivo indica che nel 2024 la spesa pubblica primaria si è attestata al 46,7% del Pil, un livello ancora superiore rispetto ai valori di fine anni ’90 ma in discesa rispetto ai picchi degli anni recenti, grazie soprattutto all’effetto dell’interruzione dei bonus edilizi e alle misure di contenimento adottate dal governo Meloni.






