Il settore del vino italiano è duramente colpito dai dazi imposti dagli USA: ecco tutti gli effetti e i danni previsti
Il settore del vino italiano si trova ad affrontare una nuova sfida dopo l’entrata in vigore dei dazi USA al 15% sulle esportazioni di vini dall’Unione Europea verso gli Stati Uniti, prevista dal 1° agosto 2025. Un provvedimento che rischia di causare danni economici ingenti e di modificare profondamente i flussi commerciali tra i due continenti.
Impatto economico sul vino italiano e aumento dei prezzi
Secondo le stime dell’Unione Italiana Vini (UIV), le nuove tariffe doganali determineranno una perdita complessiva per il comparto vitivinicolo italiano pari a circa 317 milioni di euro nei prossimi dodici mesi. Questo dato potrebbe salire a 460 milioni di euro se il valore del dollaro manterrà l’attuale trend di svalutazione. Il presidente di UIV, Lamberto Frescobaldi, ha sottolineato come il settore, che aveva registrato una crescita significativa grazie al mercato statunitense, ora richieda un intervento urgente da parte di Governo e Unione Europea per limitare i danni.
L’impatto si riflette anche sul prezzo finale. Prima dell’introduzione dei dazi, una bottiglia italiana usciva dalla cantina con un costo di circa 5 euro e si vendeva negli Stati Uniti a 11,5 dollari. Con l’incremento del dazio e il cambio valutario sfavorevole, il prezzo di vendita potrebbe avvicinarsi ai 15 dollari, con un aumento del 186%. Nel settore della ristorazione, la stessa bottiglia potrebbe arrivare a costare fino a 60 dollari al consumatore finale.
Prodotti e territori più vulnerabili
L’Osservatorio UIV evidenzia che il 76% delle bottiglie italiane esportate verso gli Stati Uniti – pari a 366 milioni di pezzi su 482 milioni – è particolarmente esposto al dazio, con un’incidenza superiore al 20% sul totale delle spedizioni. Tra i prodotti più colpiti figurano il Moscato d’Asti (60% di esposizione), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%) e i rossi toscani Dop (35%), insieme al Brunello di Montalcino (31%), al Prosecco (27%) e al Lambrusco. Queste bottiglie rappresentano un valore complessivo superiore a 1,3 miliardi di euro, corrispondente al 70% dell’export italiano verso gli USA.
Paolo Castelletti, segretario generale di UIV, ha evidenziato come la tariffa del 15%, seppur inferiore a una precedente ipotesi del 30%, sia comunque molto elevata rispetto alla situazione pre-dazio, e come l’Italia rischi di subire un impatto più pesante rispetto ad altri competitor europei, come Francia e Spagna, sia per la quota di mercato statunitense sia per la tipologia dei prodotti.
Richieste di intervento e strategie per il futuro del vino italiano
Il presidente di Avito, Andrea Rossi, ha chiesto un intervento strutturale da parte di Governo e Istituzioni, con l’erogazione di risorse straordinarie per assistere il settore in questa fase critica. Rossi ha sottolineato che il mercato USA rappresenta il 37% dell’export del vino toscano, con un valore annuo superiore a 400 milioni di euro, e che i dazi rischiano di ripercuotersi pesantemente sui consumi e sulle economie delle imprese agricole.
La necessità di ripensare le strategie di promozione e di investire in nuovi mercati è stata ribadita come prioritaria, soprattutto in vista delle difficoltà accumulate negli ultimi anni a causa di eventi quali pandemia, aumento dei costi energetici, rialzi dei tassi d’interesse e calamità fitosanitarie come la peronospora.
Il presidente di Federvini, Giacomo Ponti, ha aggiunto che è fondamentale chiarire se alcune categorie di prodotti, come i vini DOCG, DOC, IGT e l’aceto balsamico di Modena IGP, potranno essere esentate dai dazi, poiché non sono riproducibili negli Stati Uniti. Restano inoltre da approfondire le modalità di applicazione delle tariffe, in particolare per i condimenti a base di aceto, già soggetti a un dazio del 7%.
Minacce dall’Italian Sounding
Un ulteriore rischio per il settore è rappresentato dalla crescita dei prodotti di Italian Sounding, ovvero prodotti stranieri che imitano nomi e tradizioni italiane, come il “Calsecco” californiano, che si presenta come prodotto “secondo la tradizione veneziana”. La Coldiretti stima che questo fenomeno arrechi un danno superiore a mezzo miliardo di euro al Made in Italy, favorendo la competizione sleale in un mercato già provato dall’introduzione delle nuove tariffe.
La situazione richiede quindi un’attenzione costante e un’immediata azione coordinata per tutelare il valore e la reputazione del vino italiano sui mercati internazionali.






