Tredici anni dopo la riforma del 2012, il condominio torna al centro dell’agenda politica con una “riforma bis” destinata a cambiare in profondità la vita quotidiana di milioni di italiani. Stop ai pagamenti in contanti, amministratori sempre più qualificati, controlli rafforzati sui conti e nuove regole che ridisegnano i rapporti tra condòmini, professionisti e fornitori. Il disegno di legge AC 2692, fortemente sostenuto da Fratelli d’Italia e presentato ufficialmente il 17 dicembre a Roma, porta la firma di Elisabetta Gardini e di altri dieci parlamentari. Un testo che, per peso politico e ambizione, segna una netta discontinuità rispetto ai numerosi tentativi di riforma rimasti finora nel cassetto. La stessa Gardini ha parlato di un provvedimento “aperto”, destinato a essere affinato attraverso tavoli tecnici con associazioni e professioni. Ma già oggi i suoi contenuti delineano un nuovo assetto del sistema condominiale, più rigoroso e, per molti versi, più costoso.
Amministratori laureati e albo ufficiale: cambia la professione
Il capitolo più discusso del disegno di legge riguarda la figura dell’amministratore di condominio. La riforma introduce l’obbligo di possedere una laurea, anche triennale, in materie economiche, giuridiche o scientifiche e tecnologiche. Una svolta che preoccupa una larga fetta di professionisti, soprattutto quelli che oggi esercitano con il solo diploma, finora pienamente sufficiente. Il testo prevede tuttavia una clausola di salvaguardia: l’obbligo non scatterà per chi, alla data di entrata in vigore della norma, risulti già iscritto ad albi, ordini o collegi dell’area economica, giuridica o tecnica. Un’eccezione che tutela geometri, periti e ragionieri, ma lascia scoperti molti amministratori “storici”.
Accanto al requisito di studio nasce un elenco ufficiale presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), al quale dovranno iscriversi tutti coloro che intendono esercitare la professione. L’iscrizione diventa condizione essenziale: chi amministra senza essere registrato rischia un’ammenda da 1.032 a 5.160 euro. Lo stesso elenco accoglierà anche i revisori contabili condominiali, una figura destinata a diventare centrale.
Resta obbligatoria la formazione specifica – oggi pari a 75 ore iniziali più 15 di aggiornamento annuale – che verrà però rimodulata per adattarsi al nuovo impianto normativo. Tra le novità accolte con favore dai professionisti c’è il rinnovo automatico della nomina annuale dell’amministratore, salvo diversa decisione dell’assemblea. Scompare così il problema delle assemblee deserte e delle maggioranze impossibili, che spesso lasciavano l’amministratore in carica in una sorta di limbo operativo.
Conti più trasparenti, niente contanti e responsabilità condivise
La riforma interviene in modo deciso anche sulla gestione economica. Tutti i pagamenti dovranno transitare obbligatoriamente dal conto corrente condominiale, bancario o postale: il contante viene definitivamente bandito. Una scelta che punta a rafforzare la tracciabilità e a ridurre le zone d’ombra nei rendiconti.
Per i condòmini morosi le regole cambiano solo in parte. L’amministratore non dovrà più attivare il decreto ingiuntivo entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, ma solo dopo l’approvazione del rendiconto, che può avvenire entro 180 giorni. Un allungamento dei tempi che alleggerisce la pressione sui ritardatari, ma che rischia di incidere sulla liquidità del condominio.
Il vero cambio di paradigma riguarda però i fornitori: se oggi possono rivalersi solo sui condòmini morosi, con la nuova normativa potranno attingere direttamente al conto corrente condominiale e, se necessario, chiedere il pagamento anche ai condòmini in regola. In altre parole, per i debiti del condominio pagano tutti, almeno in prima battuta.
Nei condomìni con più di venti partecipanti diventa obbligatoria la nomina di un revisore contabile, in carica per due anni non rinnovabili, incaricato di certificare la correttezza del rendiconto. I criteri di redazione si fanno più stringenti: criterio di cassa, situazione patrimoniale, stato di ripartizione dei costi e indicazione puntuale dei conguagli, presenti e passati. Viene inoltre istituzionalizzata la figura del responsabile dei dati personali, nominato dall’assemblea.
Infine, sul fronte dei lavori, la sicurezza delle parti comuni dovrà essere attestata da una società specializzata. In caso di inerzia dell’assemblea, l’amministratore potrà ordinare direttamente gli interventi necessari. Per la manutenzione straordinaria, il fondo spese dovrà essere costituito subito e per intero, mettendo fine alla prassi dei pagamenti “a stati di avanzamento”. Una riforma che promette più ordine e trasparenza, ma che chiede ai condòmini maggiore disciplina – e, spesso, un esborso anticipato più consistente.






