Bologna, 20 novembre 2025 – La Corte d’Assise di Bologna ha emesso la sentenza nel processo per l’omicidio di Sofia Stefani, la vigilessa di 33 anni uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo di pistola partito dall’arma di ordinanza del suo ex comandante, Giampiero Gualandi, 64 anni, accusato di omicidio volontario aggravato dal legame affettivo. La sentenza ha stabilito la condanna all’ergastolo per Gualandi, escludendo però l’aggravante dei futili motivi. Ad annunciarlo è stata la stessa Corte, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, al termine di sette ore di camera di consiglio.
La condanna all’ergastolo per Gualandi
La Corte ha riconosciuto la piena responsabilità di Gualandi nella morte di Sofia Stefani, rigettando la tesi difensiva che sosteneva uno sparo accidentale durante una colluttazione. La pubblica accusa, rappresentata dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo, che aveva chiesto la pena massima, ha definito l’imputato un “narcisista diventato assassino”, sottolineando il suo ruolo di manipolatore e mentitore. La sentenza prevede anche un risarcimento economico di 600mila euro a testa per i genitori di Sofia, Angela Querzè e Bruno Stefani, 500mila euro per il fidanzato della vittima, Stefano Guidotti, e 30mila euro per il Comune di Anzola.
Angela Querzè, madre di Sofia, ha espresso parole di dolore e riflessione dopo la sentenza: «Quando c’è una sentenza di ergastolo e succedono cose di questo genere, la società ha fallito. Però per Sofia credo che fosse giusto avere giustizia. Mia figlia non c’è più, il lutto prosegue e proseguirà per tutta la vita, ma lei si meritava giustizia». Ha inoltre evidenziato la pesante manipolazione subita dalla figlia e ha ribadito la responsabilità collettiva di fronte a questa tragedia.
Il contesto della relazione e le testimonianze in aula
Durante il processo sono emersi dettagli drammatici sul rapporto tra la vittima e l’ex comandante. Sofia Stefani soffriva di un disturbo borderline di personalità e aveva un legame complesso e asimmetrico con Gualandi, caratterizzato da dinamiche di potere e manipolazione, come evidenziato dalla testimonianza dei genitori e dagli accertamenti psichiatrici svolti. La relazione, definita da alcuni come una forma di femminicidio relazionale, includeva anche un contratto di sottomissione sessuale firmato dalla vittima.
Lo psichiatra Vittorio Laviola, consulente della difesa, ha descritto Gualandi come un uomo depresso ma non incline alla violenza, mentre Sofia manifestava instabilità emotiva e rabbia nei confronti dei partner. La discussione in aula ha toccato anche aspetti delicati della loro intimità, con momenti di alta tensione tra accusa e difesa.
La sentenza di ergastolo rappresenta una svolta definitiva in un caso che ha scosso profondamente la comunità di Anzola e sollevato riflessioni sul ruolo delle istituzioni e della società nel prevenire simili tragedie. La lettura delle motivazioni della sentenza è prevista entro 90 giorni.






