Ricomporre il passato non è mai stato semplice. Frammenti scoloriti dal tempo, iscrizioni spezzate, segni che hanno smesso di parlare secoli fa. È in questo scenario che fa il suo ingresso Aeneas, una rete neurale progettata per completare testi latini antichi con una rapidità che sfida la memoria umana. Dove prima si cercava nei ricordi di un collega o tra pagine impolverate di un volume dimenticato, oggi c’è un modello allenato su oltre 176.000 iscrizioni che risponde in pochi secondi.
Creato grazie alla collaborazione tra Google DeepMind e l’Università di Nottingham, con la guida della storica italiana Thea Sommerschield e dell’esperto di IA Yannis Assael, Aeneas rappresenta un punto di svolta per l’epigrafia. Non solo riconosce lettere mancanti con precisione, ma propone anche datazioni, localizzazioni e paralleli storici che risuonano con il frammento analizzato. In una simulazione condotta su iscrizioni parziali, Aeneas ha mostrato prestazioni superiori agli umani in ogni ambito: completamento testuale, cronologia e geografia. Ma il punto, sottolinea Sommerschield, non è la sfida tra cervello e silicio. È la sinergia tra i due mondi a produrre risultati senza precedenti.
Chiunque abbia mai giocato a La Ruota della Fortuna sa che azzeccare una lettera può sbloccare un intero significato. Gli epigrafisti fanno qualcosa di simile, ma con regole molto più rigide: ogni ipotesi va sostenuta da fonti storiche, parallelismi strutturali e logica linguistica. Un’iscrizione rinvenuta a Roma può trovare il suo corrispettivo completo in un’altra parte del Mediterraneo, e se i due frammenti “dialogano”, la ricostruzione è possibile. Prima, questo lavoro era affidato a intuizione, esperienza e tanto archivio mentale. Poi sono arrivati i database. Ora, c’è Aeneas, che non dimentica nulla e lavora senza pausa.
La sua forza è quella di rendere visibile ciò che sfuggiva, individuare legami fra iscrizioni lontane nel tempo e nello spazio. In uno studio recentemente pubblicato su Nature, un gruppo di 23 esperti ha lavorato con e senza il supporto del modello. Quasi tutti hanno riconosciuto in Aeneas un alleato formidabile, capace di cambiare il modo stesso di osservare una lastra spezzata. “Ci ha mostrato nuove strade”, racconta uno dei partecipanti. Sommerschield insiste: non è l’intelligenza artificiale a voler sostituire l’uomo, ma a potenziarne le capacità, come una lente che permette di cogliere dettagli invisibili a occhio nudo.
Una delle prove più audaci è arrivata con la Res Gestae Divi Augusti, monumentale testo scolpito per celebrare l’imperatore Augusto. I ricercatori hanno chiesto ad Aeneas di analizzarne le varianti testuali, partendo solo dai segni e dal contesto linguistico. La macchina ha elaborato ipotesi coerenti con decenni di dibattito accademico, suggerendo che la stesura potesse essere avvenuta poco prima o qualche anno dopo la morte di Augusto. Una risposta sorprendentemente “umana”, arrivata in pochi secondi, su cui gli studiosi riflettono da secoli.
Eppure, il modello ha lavorato su iscrizioni già note, parte dello stesso corpus di addestramento. Il vero banco di prova sarà quello delle epigrafi inedite, ancora sepolte in archivi locali o incastonate nei muri delle città dimenticate. È qui che Aeneas mostrerà il suo vero potenziale. Ma per funzionare ha bisogno di dati puliti, standardizzati, digitalizzati, e questo compito spetta ancora alle mani umane: studenti, volontari, giovani ricercatori che ogni giorno scansionano testi antichi e li inseriscono in archivi accessibili.
Nel frattempo, altre iniziative puntano ancora più in là. La filologa Silvia Ferrara, dell’Università di Bologna, sta lavorando a un sistema per interpretare le iscrizioni cipro-minoiche, una scrittura ancora indecifrata. Qui l’intelligenza artificiale non completa frasi: cerca strutture dove non ci sono certezze, esplora il caos per trovare schemi. È un salto nel buio, ma potrebbe illuminare interi capitoli della storia umana. “Voglio sapere cosa scrivevano a Cipro 3.000 anni fa”, racconta Ferrara, scherzando sul suo paragone con Amy Adams nel film Arrival: anche lì, una linguista chiamata a decifrare l’ignoto.
Ma non tutti esultano. L’accademia è spesso sospettosa. L’epigrafia, come altre discipline, si è costruita su nicchie di sapere sempre più ristrette. Chi ha dedicato la vita a uno specifico corpus può temere che un algoritmo lo faccia in pochi istanti. Il rischio è che un errore storico, una lettura sbagliata finiscano nell’addestramento del modello e vengano replicate come verità. Ed è per questo che la varietà dei dati e delle interpretazioni è essenziale: solo così Aeneas potrà diventare un supporto pluralista, non un dogma digitale.
In questo momento storico in cui l’intelligenza artificiale fa paura a molti settori umanistici, Aeneas dimostra che la tecnologia può anche ravvivare le discipline che sembrano più lontane dal digitale. Rende possibile un’epigrafia più inclusiva, aperta, collaborativa. E forse, ci spinge anche a riconsiderare l’idea del genio solitario: nella scienza, come nella storia, i migliori risultati arrivano da chi accetta di farsi contaminare, da chi cambia pollaio per trovare nuove uova.
Il sito predictingthepast.com mette tutto questo a disposizione di chiunque voglia provare: storici, insegnanti, studenti e semplici curiosi. Aeneas e il suo predecessore Ithaca, dedicato al greco antico, sono lì, pronti a suggerire, collegare, proporre. Non per sostituire, ma per ampliare la nostra comprensione di ciò che è stato. E forse, per riscrivere anche il futuro del sapere.
