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Home Cultura

Neuchâtel, la città dove i medici prescrivono la visita ai musei come cura

by Nicoletta Totaro
28 Aprile 2025

Nel Cantone svizzero parte un progetto pilota che promuove il benessere psicofisico: l’arte e la cultura entrano nei percorsi terapeutici contro stress, ansia e solitudine

L’idea che l’arte possa avere un effetto terapeutico non è certo una scoperta recente. Fin dall’antichità, filosofi, scrittori e intellettuali l’hanno sempre considerata un nutrimento per l’anima, capace di elevare lo spirito e lenire il dolore. Ma che oggi possa diventare una vera e propria prescrizione medica racconta molto del nostro tempo.

Nella frenesia della quotidianità, tra notifiche e impegni, l’arte e la cultura faticano a trovare spazio. Si arriva così al punto che una figura medica debba suggerire, o addirittura imporre, di prendersi una pausa: visitare un museo, dipingere, leggere un libro diventano strumenti concreti per ritrovare il piacere e promuovere il benessere psicofisico.  

A fare da apripista in questa direzione è il Cantone svizzero di Neuchâtel, dove da gennaio 2025 è partito un progetto sperimentale che unisce medicina e cultura. Circa un centinaio di persone, su indicazione del proprio medico, possono accedere gratuitamente ai musei della città semplicemente esibendo in biglietteria una “ricetta museale”, ovvero un documento sanitario che, al posto di farmaci o terapie convenzionali, prescrive l’arte come medicina.

L’iniziativa, sostenuta dalle autorità sanitarie e culturali locali, si inserisce in un contesto più ampio in cui la salute mentale è sempre più al centro dell’attenzione pubblica, scientifica e politica. E apre una riflessione: può davvero una visita al museo contribuire al nostro equilibrio psicofisico? Per Neuchâtel la risposta è sì.

I benefici legati alla gestione degli aspetti emotivi attraverso approcci che integrano corpo e mente spesso possono rivelarsi più efficaci dei soli farmaci nel migliorare la qualità della vita. Lo aveva già compreso l’infermiera inglese Cicely Saunders, che nel 1967 fondò il primo hospice moderno dimostrando come, per alleviare il dolore, non servano sempre soluzioni complesse ma piuttosto la capacità di restituire umanità alla cura. In questa prospettiva l’arte e la cultura diventano parte integrante del percorso assistenziale. Il potere catartico dell’arte spinge a creare connessioni e risvegliare emozioni, contribuendo a un senso di benessere profondo, anche nei momenti più difficili. La prescrizione medica di una visita al museo compie innanzitutto un gesto semplice ma decisivo, invitando la persona a uscire dall’isolamento e dalle restrizioni imposte dalla malattia.

A partire dagli anni ’80, l’arteterapia ha iniziato a diffondersi in Italia come disciplina che utilizza le potenzialità delle arti visive per promuovere il benessere individuale e collettivo. Integrata ad altri trattamenti, l’arte terapia offre un importante contributo all’assistenza sanitaria, in particolare nelle cure psichiatriche per persone con gravi disturbi mentali o disabilità, ma anche per pazienti affetti da patologie croniche o in attesa di interventi chirurgici, come nel caso dei pazienti oncologici. Numerose ricerche neurocognitive hanno infatti evidenziato che l’arte è un toccasana per la salute mentale poiché aiuta a ridurre lo stress, alleviare l’ansia, esprimere le proprie emozioni, stimolare la creatività e mantenere attivo il cervello.

Nel luglio 2017, uno studio condotto nel Regno Unito ha messo in luce i benefici di una campagna sanitaria innovativa che combina trattamenti medici e attività culturali, rivelando come l’arte possa svolgere un ruolo nella prevenzione della demenza.

In Italia, l’Università Bicocca di Milano ha dato vita al progetto ASBA (Anxiety, Stress, Brain-friendly museum, Approach) nel 2022. Con l’ipotesi che i musei possano essere luoghi terapeutici per combattere ansia e stress e favorire la cura di sé, l’iniziativa ha trasformato gli spazi espositivi in ambienti dedicati a pratiche di arteterapia e mindfulness, coinvolgendo oltre 350 cittadini. I risultati, raccolti tramite dispositivi wireless BCI (Brain-Computer Interface) e misurazioni dei livelli di ansia e stress all’inizio e alla fine di ogni incontro, hanno confermato l’efficacia del progetto. In particolare, un corso di mindfulness svolto tra i capolavori di un museo ha dimostrato di ridurre l’ansia del 25%. I dati hanno anche confermato che, oltre a favorire il rilassamento, l’esperienza stimola una connessione profonda con gli oggetti museali, generando empatia e curiosità nei partecipanti.

L’aumento di depressione, stress cronico, burnout e solitudine preoccupa l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che li considera un’emergenza sanitaria globale. In risposta, i medici che supportano il progetto di Neuchâtel stanno sperimentando una forma di cura preventiva attraverso la prescrizione di visite ai musei. A tre mesi dall’avvio dell’iniziativa, il Cantone ha registrato una risposta positiva. Per il 2025, il comune ha stanziato 10.000 franchi (circa 10.743 euro) per il progetto pilota che coinvolge i quattro musei locali. Inoltre, ha annunciato che, in base ai risultati ottenuti, potrebbe decidere di aumentare gli investimenti fino a 200.000 franchi all’anno a partire dal 2027.

Così, il supporto che spesso manca nel percorso di cura delle difficoltà psicologiche può trovarsi in modo inaspettato nella semplice e pura contemplazione di un’opera d’arte. Un paesaggio, un volto, un segno possono toccare corde profonde, richiamare ricordi e dolori sopiti. Le opere d’arte attivano una potente dimensione affettiva e psicologica in chi le osserva, creando un incontro intimo tra lo spettatore e i soggetti raffigurati. La storia personale si intreccia con ciò che si percepisce sulla tela, generando un movimento interiore che può commuovere, scuotere, o talvolta far emergere sentimenti negativi. In questo senso, l’arte diventa un mezzo di trasformazione emotiva, uno strumento per il benessere interiore e una forma di cura che aiuta ad alleggerire il peso dello stress legato anche dall’uso patologico dei social media e dall’instabilità lavorativa ed economica.

Il progetto pilota di Neuchâtel rappresenta un supporto sociale fondamentale, capace di offrire un aiuto concreto ed efficace in un contesto di crescente disagio psicologico.

Articolo di Nicoletta Totaro

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