A pochi passi da Porta San Paolo, tra il traffico e la modernità, si erge un monumento unico a Roma: la piramide di Caio Cestio, una tomba antica e carica di enigmi, costruita in soli 330 giorni e ancora oggi oggetto di studio.
Nel panorama delle meraviglie archeologiche di Roma, la Piramide di Caio Cestio è una delle meno raccontate, ma tra le più sorprendenti. Si tratta di un vero e proprio mausoleo in stile egizio, alto 36 metri e largo 30, costruito tra il 18 e il 12 a.C. lungo la via Ostiense. A prima vista, sembra un elemento fuori posto nel contesto urbano romano, ma in realtà racchiude una parte importante della storia imperiale e funeraria dell’antica Roma.

Un mausoleo costruito in stile egizio
La piramide fu costruita per volere di Caio Cestio Epulone, un personaggio politico appartenente alla classe dirigente romana. Cestio fu pretore, tribuno della plebe e membro del collegio degli epuloni, un’importante carica sacerdotale. La sua scelta di essere sepolto in una piramide si colloca in un periodo in cui la cultura romana subiva il forte fascino dell’Egitto, soprattutto dopo la conquista da parte di Ottaviano Augusto. La piramide, dunque, rappresentava uno status symbol di straordinaria potenza.
Le iscrizioni incise sulla struttura ci dicono molto. Una di esse recita che il mausoleo fu costruito in 330 giorni, un termine preciso voluto dal testatore stesso: i suoi eredi, se avessero sforato, avrebbero perso l’eredità. Questo dettaglio ci fa intuire quanto Cestio tenesse al completamento rapido e fedele del proprio monumento funebre.
Cosa c’è dentro la piramide di Caio Cestio?
All’interno della piramide si trova una camera funeraria rettangolare, lunga circa 6 metri e alta poco meno di 5. È completamente priva di finestre, come da tradizione egizia, e presenta ancora deboli tracce di affreschi in stile pompeiano. Quando fu aperta nel 1660, la camera si presentava vuota: nessuna urna, nessun oggetto, nessun corpo. Questo ha alimentato nei secoli diverse teorie, ma la spiegazione più accreditata è che la tomba fosse stata depredate nel Medioevo, come molte altre sepolture antiche.
La presenza delle iscrizioni con il nome di Caio Cestio lascia tuttavia pochi dubbi sull’identità del defunto. La piramide fu chiusa da una lastra di travertino e, fino all’apertura seicentesca, era rimasta intatta esteriormente. L’unico elemento rimasto integro è la struttura architettonica, grazie anche all’inclusione del mausoleo nelle mura Aureliane nel III secolo d.C., che ne ha protetto le superfici da atti vandalici e dall’erosione del tempo.
Un monumento unico a Roma (e in Europa)
La piramide di Caio Cestio è l’unico esempio rimasto integro di architettura piramidale a Roma. Esistevano altre strutture simili, come quella di Romolo e quella di Remo, andate perdute nel corso dei secoli. Il monumento è oggi perfettamente conservato e visitabile, anche se solo in occasioni speciali e su prenotazione.
Negli ultimi decenni, grazie a restauri promossi dalla Soprintendenza Speciale per Roma, la piramide è tornata al suo antico splendore. Il colore originale del rivestimento in marmo di Carrara è stato recuperato, e l’ambiente interno è stato stabilizzato. L’accesso è limitato a piccoli gruppi, ma consente di ammirare da vicino uno degli spazi più enigmatici dell’antica Roma.
La piramide è anche un simbolo del sincretismo culturale dell’epoca augustea, in cui religione, architettura e politica si intrecciavano sotto l’influenza di popoli conquistati. È un monumento silenzioso, nascosto in piena vista, che continua a interrogare i passanti e a sorprendere anche i romani stessi.
Un’eredità senza tempo tra passato e modernità
Passeggiare accanto alla piramide di Caio Cestio, oggi inglobata nel caos urbano di Piazzale Ostiense, significa attraversare più di duemila anni di storia. È uno di quei rari luoghi dove l’antichità e il presente convivono nello stesso spazio, senza clamore, ma con potenza visiva e simbolica.
Cestio ha ottenuto ciò che voleva: un sepolcro maestoso, visibile e memorabile. Anche se i suoi resti sono andati perduti e il suo nome non è più celebre come altri romani del tempo, la sua piramide è sopravvissuta a guerre, saccheggi e all’urbanizzazione moderna. Resiste come testimonianza concreta del culto della memoria personale, un messaggio inciso nella pietra, diretto ai posteri.
In un’epoca in cui tutto è digitale e transitorio, quella piramide resta immobile, bianca e austera. Un invito a fermarsi, osservare e ricordare che anche il silenzio delle pietre può raccontare molto, se si ha voglia di ascoltarle.






