Il Venezuela si prepara a nuove manovre militari in risposta al crescente timore di un’invasione statunitense. Il ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino López, ha annunciato l’avvio di esercitazioni militari nel quadro di una strategia di difesa che mira a contrastare quella che Caracas definisce una “minaccia diretta” da parte degli Stati Uniti. La tensione si alimenta soprattutto in seguito all’imponente dispiegamento navale statunitense nel Mar dei Caraibi, considerato da Caracas un tentativo di provocare un cambio di regime.
Mobilitazione militare e strategia di difesa in Venezuela contro una possibile invasione USA
Nel discorso trasmesso dalla televisione di Stato, Padrino López ha sottolineato la necessità di non alimentare allarmismi, ma di “imprimere realismo alla situazione”, denunciando l’“irrazionalità con cui agisce l’imperialismo nordamericano”. Il governo venezuelano ha disposto l’attivazione del piano civico-militare “Indipendenza 200” negli stati di Carabobo e La Guaira, con un rafforzamento delle truppe schierate in aeroporti, porti e dogane. Questi esercizi hanno l’obiettivo di mantenere il paese “due o tre passi avanti” rispetto a potenziali aggressioni, e si inseriscono in un contesto di crescente pressione statunitense, che ha già sospeso i contatti diplomatici con Caracas.
Il dispiegamento militare statunitense comprende una flotta da guerra dotata anche di un sottomarino nucleare, una mossa che ha suscitato proteste da parte dei paesi progressisti della regione e lancia un chiaro segnale di forza. Le autorità venezuelane hanno risposto con un appello alla calma e alla massima mobilitazione popolare, definendo il Venezuela come “un laboratorio politico” destinato a resistere alle pressioni esterne.
Alleanze internazionali e contesto geopolitico
In parallelo a questa escalation militare, il Venezuela ha rafforzato i suoi legami con potenze come la Cina e la Russia. Il recente vertice tra Nicolás Maduro e il presidente cinese Xi Jinping ha sancito un ulteriore sostegno economico e politico, con Pechino che ha promesso investimenti per 5 miliardi di dollari e accordi per aumentare l’export di petrolio verso la Repubblica Popolare. Questa partnership ha come obiettivo non solo la ripresa economica venezuelana, alle prese con una grave crisi, ma anche un rafforzamento della presenza cinese in America Latina, tradizionale “cortile di casa” degli Stati Uniti.
Il presidente Maduro ha ribadito la volontà di continuare il dialogo, ma le offensive statunitensi, che includono accuse di narcotraffico e minacce militari, complicano il quadro. Gli Stati Uniti, guidati da Donald Trump, hanno aumentato la pressione con sanzioni e operazioni di interdizione, giustificandole con la lotta al narcotraffico, ma la controparte venezuelana contesta queste accuse, definendole “fake news” e sottolineando la resilienza della rivoluzione bolivariana.
Le tensioni aperte si inseriscono in un contesto regionale complesso, con la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (CELAC) che ha dichiarato l’area “zona di pace” e alcuni paesi chiave che hanno assunto posizioni divergenti. Mentre Caracas si prepara a una possibile escalation, la mobilitazione militare, il sostegno internazionale e la guerra mediatica rimangono al centro di uno scenario geopolitico in rapido mutamento.






