Sono ufficialmente partiti gli sfratti degli abitanti della Val di Susa coinvolti dalla realizzazione della nuova stazione internazionale della Torino-Lione, un nodo strategico dell’opera ferroviaria ad alta velocità gestita da TELT (Tunnel Euralpin Lyon Turin). I primi interventi si sono concentrati a San Giuliano, dove sorgerà la struttura di interscambio tra le linee dell’alta velocità verso Parigi, i collegamenti regionali e la mobilità verso l’alta Val di Susa e le stazioni sciistiche. L’operazione, accompagnata da un significativo dispiegamento delle forze dell’ordine, ha suscitato la dura presa di posizione del Movimento No Tav, che ha definito questi eventi “una delle pagine più nere della storia valsusina”.
Lo stato attuale del progetto Tav Torino-Lione
La ferrovia internazionale Torino-Lione, lunga 235 km, si configura come un’infrastruttura chiave nel Corridoio Mediterraneo europeo TEN-T e mira a potenziare il trasporto di merci e passeggeri tra Italia e Francia. Nonostante il nome “TAV” riferito all’alta velocità, la linea sarà operativa con treni passeggeri fino a 220 km/h e treni merci a 120 km/h, velocità inferiori ai criteri UE per l’alta velocità vera e propria. La realizzazione procede con complessità, tra cui l’avanzamento dello scavo di circa 45 km di gallerie su un totale di 160 km previsti, corrispondente a circa il 28% dell’intervento. Il completamento è previsto entro il 2033, come confermato dal direttore generale di TELT, Maurizio Bufalini, che sottolinea l’importanza europea e locale dell’opera.
Il progetto è articolato in una tratta internazionale, con la galleria di base a doppia canna tra Saint-Jean-de-Maurienne e Susa/Bussoleno, e due tratte nazionali a carico rispettivamente di Francia e Italia. La nuova stazione di San Giuliano, cuore della logistica cantieristica e futura area di scambio, è destinata a sostituire la storica linea ferroviaria del Frejus, attiva dal 1854 ma ormai insufficiente per il traffico previsto.
Le tensioni in Val di Susa e le conseguenze sociali
Il decreto di esproprio, emesso nel 2023, ha dato avvio alle procedure che ieri hanno portato allo sgombero forzato di tre abitazioni, coinvolgendo dodici persone che hanno dovuto lasciare le proprie case. L’area interessata dagli espropri si estende su circa 4.000 metri quadrati, con oltre un migliaio di proprietari, molti dei quali attivisti No Tav che già nel 2012 avevano acquistato simbolicamente porzioni di terreno per ostacolare la costruzione della stazione, nell’ambito dell’iniziativa “Compra un posto in prima fila”.
Il Movimento No Tav denuncia che questa opera, definita da loro “inutile, costosa e distruttiva”, rappresenta una violazione dei legami affettivi e comunitari della popolazione valsusina, che da oltre trent’anni si oppone al progetto. Per loro, il cosiddetto “progresso sostenibile” promosso da TELT e dalle istituzioni non è che una retorica che maschera espropri forzati e distruzione del territorio.






