Venezia, 18 ottobre 2025 – Filippo Turetta ha scritto una lettera indirizzata alle autorità giudiziarie in cui si assume la piena responsabilità per l’omicidio di Giulia Cecchettin, esprimendo un profondo pentimento quotidiano per quanto accaduto. Il giovane, condannato all’ergastolo in primo grado per l’uccisione della 22enne studentessa di ingegneria biomedica, ha deciso di rinunciare all’appello contro la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Venezia lo scorso 3 dicembre 2024.
La lettera di Filippo Turetta: pentimento e rinuncia all’appello
Il testo, scritto a mano su un foglio protocollo nel carcere di Verona Montorio e consegnato anche al suo avvocato difensore Giovanni Caruso, sottolinea la volontà di Filippo Turetta di accelerare il percorso giudiziario. “Fin dall’inizio del mio percorso giudiziario – scrive – ho preso tutte le scelte possibili, affinché questo potesse portare più rapidamente possibile e in modo trasparente e sincero alla sentenza, qualsiasi essa fosse“. Il 23enne esprime la consapevolezza che la sentenza non potrà mai cancellare il dolore causato a Giulia e alla sua famiglia, impedendole così di vivere una vita piena. Conclude dichiarando di rinunciare all’impugnazione proposta il 21 maggio 2025.
Il contesto dell’omicidio e le reazioni della famiglia
L’omicidio è avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia, quando Turetta ha ucciso con 75 coltellate la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, studentessa prossima alla laurea presso l’Università di Padova. Il caso ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana, suscitando manifestazioni e un acceso dibattito sul femminicidio. La famiglia Cecchettin, attraverso la sorella Elena e il padre Gino, ha promosso un impegno sociale e culturale contro la violenza di genere, dando vita alla Fondazione Giulia Cecchettin, che si dedica alla sensibilizzazione, all’educazione e al sostegno delle vittime.
Filippo Turetta, attualmente detenuto nel carcere di Verona, ha inoltre manifestato l’intenzione di chiedere un percorso di giustizia riparativa, ma solo con il consenso del padre di Giulia, Gino Cecchettin, che ha mostrato una posizione possibilista ma cauta. Questa forma di giustizia, introdotta in Italia nel 2022, prevede un percorso di riconciliazione e di ascolto tra vittima e carnefice, integrando la pena ma non sostituendola.
Il caso rimane sotto i riflettori, con l’appuntamento fissato per il 14 novembre davanti ai giudici d’appello, mentre la comunità e le istituzioni continuano a riflettere sull’importanza di prevenire la violenza di genere e proteggere le vittime.






