Roma, 12 dicembre 2025 – Un’operazione giudiziaria di vasta portata ha portato al sequestro di circa 12mila reperti archeologici di inestimabile valore, stimato intorno ai 17 milioni di euro. L’intervento, denominato indagine Ghenos-Scylletium, è stato condotto alle prime luci dell’alba dai Carabinieri del Gruppo Tutela Patrimonio Culturale di Roma, coordinati dalla Procura Distrettuale di Catania e dalla Procura Dda di Catanzaro, con oltre 200 militari impegnati sul territorio.

Un patrimonio archeologico di eccezionale valore sequestrato
Il procuratore di Catania, Francesco Curcio, durante la conferenza stampa, ha sottolineato l’importanza dei reperti rinvenuti, affermando che “con tutti i reperti che si sono trovati si potrebbe aprire uno dei più importanti musei archeologici a livello nazionale”. Fra gli oggetti sequestrati figurano anelli, vasellami, fibule e almeno 7mila monete antiche di epoca greca e romana, molte delle quali di conio raro provenienti dalle antiche zecche di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa, Panormos e Gela. Tra questi pezzi spiccano esempi rarissimi di monete in bronzo di eccezionale importanza storico-culturale appartenenti ai territori della Magna Grecia e della Sicilia.
Il tenente colonnello Diego Polio, comandante del Gruppo Tutela Patrimonio Culturale, ha spiegato come i soggetti coinvolti fossero specializzati nella ricerca e nel restauro autonomo delle monete, con alcuni indagati che addirittura redigevano certificati falsi di autenticità per facilitarne la vendita e l’esportazione.
Le indagini sui reperti archeologici e la rete criminale smantellata
Le indagini, condotte parallelamente dai Nuclei Tpc di Cosenza e Palermo, hanno portato all’esecuzione di 56 misure cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili di numerosi reati, tra cui associazione per delinquere, furto e ricettazione di beni culturali, autoriciclaggio, falsificazione e esportazione illecita di reperti. È stato accertato un totale di 67 scavi abusivi effettuati tra Sicilia, Calabria e altre regioni italiane.
La doppia operazione ha evidenziato la collaborazione tra una squadra di “tombaroli” siciliani e i soggetti coinvolti nel territorio calabrese. In particolare, in Calabria, il gruppo criminale agiva anche per agevolare la cosca di ‘Ndrangheta chiamata “Arena”, consolidando così il controllo criminoso nell’area del Crotonese, come ha spiegato il procuratore di Catanzaro, Salvatore Curcio.
Il generale Antonio Petti, a capo del comando della Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri, ha ribadito l’importanza di questa operazione: “Contrastare questi fenomeni significa sottrarre alla criminalità organizzata canali di finanziamento illeciti e restituire al pubblico un patrimonio nazionale, sottraendolo agli appetiti economici di contesti illegali”.
L’eccezionale lavoro investigativo ha inoltre permesso di ricostruire l’intera filiera criminale. Dalla ricerca clandestina dei reperti al loro successivo immissione nel mercato illegale, che coinvolgeva anche importanti case d’aste in Italia e all’estero, come Regno Unito e Germania. Questo sequestro rappresenta un significativo passo avanti nella tutela del patrimonio culturale italiano e nella lotta contro il traffico illecito di beni archeologici.






