Catania, 21 agosto 2025 – È ancora avvolta nel mistero la scomparsa di Denise Zaksongo, prima avvocata africana in Italia e figura di spicco nella tutela dei diritti dei migranti. Originaria del Burkina Faso, residente a Catania, Denise è scomparsa durante una coincidenza a Casablanca, in Marocco, mentre si stava recando in visita alla sua famiglia nel paese d’origine. Il marito, il medico radiologo Renato Farina, ha lanciato un appello accorato affinché si intensifichino le ricerche.
La scomparsa a Casablanca: gli ultimi contatti e l’allarme
Denise Zaksongo ha lasciato Catania lunedì sera per un viaggio che la avrebbe portata in Burkina Faso, con uno scalo previsto a Casablanca. Tuttavia, la donna non è mai salita sul secondo volo e di lei si sono perse le tracce da martedì mattina. L’ultima comunicazione risale alle 8 di mattina, quando Denise si trovava all’aeroporto di Casablanca, in attesa della coincidenza serale per Ouagadougou. Dopo una breve conversazione telefonica con il marito, Renato Farina, la sua linea è risultata irraggiungibile.
Dalle indagini iniziali condotte dal consolato italiano a Casablanca emerge che Denise sarebbe uscita dall’aeroporto ed entrata nel territorio marocchino, ma non sarebbe più rientrata per imbarcarsi sul volo successivo. Il cellulare è spento da ore, e la famiglia in Burkina Faso non ha mai ricevuto sue notizie. Preoccupato, il marito ha presentato denuncia ai carabinieri di Catania e ha coinvolto la Farnesina, chiedendo un intervento immediato per intensificare le ricerche.
Denise Zaksongo: un percorso di impegno e resilienza
Denise Zaksongo non è solo una figura simbolo per la comunità africana in Italia, ma anche un esempio di tenacia e dedizione. Arrivata nel Bel paese nel 2005, ha iniziato la sua carriera come mediatrice culturale a Lampedusa, quindi è stata vicedirettrice del Cara di Mineo, il più grande centro di accoglienza richiedenti asilo d’Europa, dove ha lavorato per sei anni. La sua missione era chiara: aiutare gli immigrati a orientarsi nel complesso sistema dell’accoglienza italiana.
Dopo la chiusura del Cara nel 2018, Denise ha deciso di riprendere gli studi giuridici iniziati nel suo paese, conseguendo la laurea in giurisprudenza e l’abilitazione all’esercizio della professione forense. È stata la prima donna africana in Italia a diventare avvocata, specializzandosi nella tutela dei diritti degli ultimi, migranti e non solo.
Il marito racconta come Denise fosse una donna forte, con un grande amore per la sua “Madre Africa” e un impegno costante per la giustizia sociale. “Ora che indosso la toga – aveva detto in passato – difenderò chi non ha voce, senza distinzioni“.
L’appello del marito e le difficoltà nelle ricerche
Renato Farina, radiologo presso il Policlinico di Catania e marito di Denise, ha espresso grande preoccupazione per la mancanza di notizie e per il fatto che le autorità marocchine non sembrano aver avviato ricerche adeguate. “Probabilmente, dovendo attendere tutta la giornata, Denise ha deciso di fare un giro a Casablanca, come già accaduto in passato. Ho trovato una foto del tassista che l’aveva accompagnata, ma non conosco né il nome né il numero“, ha riferito Farina.
L’uomo ha chiesto pubblicamente agli organi competenti di intensificare le indagini e ha invitato chiunque abbia visto o sentito Denise a farsi avanti. “Sono passate più di 48 ore dall’ultimo contatto, aveva con sé solo poche decine di euro e nulla di valore, ho paura che possa essere accaduto qualcosa di grave“, ha aggiunto.
La figura di Renato Farina: un sostegno costante
Renato Farina, noto medico e personaggio pubblico, è stato al fianco di Denise in questa difficile fase. Oltre all’attività medica, Farina ha un passato come deputato della Repubblica Italiana e giornalista, con esperienza anche in missioni umanitarie in Africa. La sua conoscenza del continente e le collaborazioni con la Farnesina rappresentano un punto di forza nelle azioni di ricerca e sensibilizzazione attualmente in corso.
La vicenda di Denise Zaksongo ha richiamato l’attenzione sull’importanza di tutelare chi lavora e vive a cavallo tra culture, spesso esposto a rischi e difficoltà. La speranza è che il suo caso possa avere presto un esito positivo grazie alla mobilitazione della comunità internazionale e delle autorità italiane e marocchine.

