Roma, 13 dicembre 2025 – Un corteo pro-Palestina ha attraversato oggi le strade della capitale italiana, partendo da piazza Vittorio e dirigendosi verso piazzale Aldo Moro, sede dell’Università La Sapienza. La manifestazione, cui hanno partecipato centinaia di persone, è stata caratterizzata da slogan e richieste forti, con uno striscione recante la scritta “governo Meloni complice di genocidio” e cori di “Bella ciao”.
La protesta e le richieste dei manifestanti

I gruppi pro-Palestina hanno scandito slogan quali “Stop al genocidio e all’occupazione in Palestina” e “La Resistenza non è terrorismo”, rivolgendo un appello per la libertà di Anan Yaeesh, Ali Arar, Mansour Doghmosh, Tarek, Ahmad Salem e Mohamad Shahin, quest’ultimo imam di Torino. I manifestanti hanno inoltre chiesto un embargo verso Israele, in linea con la forte mobilitazione in favore della causa palestinese che si è sviluppata in Italia.
Tra le realtà presenti in piazza figurano il movimento degli studenti palestinesi, l’Unione degli Arabisti e Palestinisti (UDAP) e la Rete antifascista di Roma. Nel corso della manifestazione sono stati ribaditi i concetti espressi dai palestinesi: “Anan Yaesh, Ali Arar e Mansour sono tre partigiani palestinesi, non possono essere processati per la loro lotta: la resistenza non si processa e la resistenza non è terrorismo”. Viene inoltre denunciata la detenzione prolungata di Tarek e Ahmad Salem e l’arresto dell’imam Shahin come esempi di persecuzione politica.
Il caso di Anan Yaeesh: un processo controverso all’Aquila
Particolarmente centrale nella protesta è la figura di Anan Yaeesh, palestinese di 37 anni, attualmente sotto processo presso la Corte d’assise dell’Aquila. Yaeesh, rifugiato in Italia dal 2017 dopo essere stato ferito gravemente in Cisgiordania e torturato, è accusato di terrorismo per la sua presunta appartenenza alle “Brigate di resistenza e di risposta rapida” in Cisgiordania. Tuttavia, la sua estradizione in Israele è stata negata dai giudici italiani a causa del rischio concreto di trattamenti inumani.
Il processo, iniziato nel gennaio 2024, è stato duramente criticato dagli avvocati difensori, i quali denunciano forzature e un’impostazione politica che recepisce senza riserve le tesi israeliane. Sono state escluse dalla Corte la maggior parte dei testimoni proposti dalla difesa, tra cui personalità internazionali come la relatrice speciale ONU Francesca Albanese. La difesa sottolinea che Yaeesh non è accusato di aver colpito civili e che le azioni contestate devono essere contestualizzate nella lotta di resistenza di un popolo occupato, diritto riconosciuto dal diritto internazionale.
Dallo scorso ottobre, Yaeesh è in sciopero della fame nel carcere di Melfi, protesta che il Comitato Free Anan interpreta come solidarietà con le mobilitazioni italiane e riaffermazione dei diritti violati del popolo palestinese. L’avvocato Giuseppe Romano definisce il processo come un “processo alla resistenza palestinese”, sottolineando come la giustizia italiana si stia sostituendo a quella israeliana nella repressione politica.
La vicenda di Yaeesh e dei suoi compagni, in attesa di sentenza prevista per luglio 2025, rimane al centro del dibattito politico e sociale italiano, riflettendo le tensioni internazionali e le difficoltà nell’applicazione del diritto internazionale in casi controversi.
Fonte: Stefano Chianese - Roma, Corteo proPal: "Governo complice, Abu Mazen a Atreju operazione di washing"






