Nel corso dell’udienza d’appello svoltasi nell’aula bunker di Mestre, la Corte d’assise d’appello di Venezia ha confermato la condanna all’ergastolo con l’aggravante della premeditazione per Filippo Turetta, riconfermando la sentenza di primo grado per l’omicidio di Giulia Cecchettin. La Corte ha dichiarato inammissibili, per intervenuta rinuncia, gli appelli proposti sia dal pubblico ministero sia dalla difesa dell’imputato.
Processo Turetta, avvocati assenti in aula: le parole del giudice
L’udienza si è svolta in una “situazione singolare”, come ha definito il presidente del processo, giudice Michele Medici, vista l’assenza in aula di Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, gli avvocati difensori titolari di Turetta, sostituiti da colleghi dello stesso studio legale. Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per il brutale femminicidio, non era presente in aula. Entrambe le parti hanno confermato la rinuncia agli appelli, mentre le parti civili si sono rimesse alla decisione della Corte.
Il riconoscimento del movente di genere e le reazioni della famiglia
Prima dell’apertura dell’udienza, l’avvocato Nicodemo Gentile, legale di parte civile per la sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ha sottolineato come la Corte abbia di fatto riconosciuto il cosiddetto movente di genere, evidenziando che l’omicidio è nato dalla volontà di punire “l’insubordinazione” della donna che si sottrae alle aspettative dell’uomo. Gentile ha definito questa decisione una “grande apertura” e una spinta moderna nel riconoscimento delle peculiarità dei femminicidi, auspicando un approccio più evoluto anche nelle future sentenze.
L’omicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò, nel Veneziano, ha scosso profondamente l’opinione pubblica, dando vita a un vasto dibattito sulla violenza di genere e generando numerose iniziative di sensibilizzazione. Giulia, studentessa di ingegneria biomedica all’Università di Padova, fu accoltellata dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, che poi tentò la fuga fino in Germania, dove fu arrestato.
La sentenza confermata oggi rappresenta un passaggio importante nel percorso giudiziario di un caso che ha acceso i riflettori sulla necessità di contrastare con fermezza il femminicidio e di promuovere l’educazione affettiva come forma di prevenzione.
Con la sentenza della Corte d’Appello, la condanna all’ergastolo di Turetta diventa definitiva. Sarà esecutiva una volta decorsi i termini per il ricorso in Cassazione.
Avvocato Cecchettin: “Per Gino si apre la fase due”
Per la famiglia Cecchettin la sentenza della Corte d’Appello rappresenta un punto di svolta. “Dal punto di vista di Gino Cecchettin è il momento di cambiare lido: lui è entrato nella fase due”, ha dichiarato l’avvocato Stefano Tigani, legale del padre di Giulia.
Secondo il difensore, la decisione chiude un percorso “straordinariamente doloroso”, portando a quella che definisce “la pena giusta”. Ora l’attenzione della famiglia si sposterà sugli aspetti civilistici che la sentenza definitiva consente di avviare, mentre “il resto dipenderà da Turetta”.
Tigani sottolinea come il caso sia stato “tra i più terribili che il territorio abbia vissuto”. Pur in assenza delle aggravanti relative alla crudeltà e agli atti persecutori, ritiene che la verità giudiziaria sia comunque pienamente definita: “Dal punto di vista umano non serviva una pronuncia tecnica. È evidente a tutti quanto questo delitto sia stato crudele e segnato da comportamenti persecutori, anche se non formalmente riconosciuti”.
Quanto alla mancata presenza in aula di Gino Cecchettin, il legale preferisce non entrare nel merito, ma ammette che possa essere un segnale della volontà più volte espressa dal padre di voltare pagina: “È proprio questo il senso”, conferma.






