Milano, 3 novembre 2025 – Nel corso dell’udienza odierna del processo “Pifferi bis”, che fa seguito al caso dell’abbandono mortale della piccola Diana di 18 mesi, si è concentrata l’attenzione sull’esito del test WAIS somministrato ad Alessia Pifferi, la madre condannata in primo grado. Il test, volto a misurare il quoziente intellettivo (Q.I.), è al centro del dibattito giudiziario e delle contestazioni mosse dalla Procura, che ipotizza una manipolazione della donna in carcere finalizzata all’ottenimento di una perizia psichiatrica favorevole.
Il test WAIS e le contestazioni della Procura

Secondo l’accusa, il punteggio ottenuto da Pifferi al test WAIS sarebbe stato di 40, un valore estremamente basso paragonabile a quello di una bambina, e avrebbe così messo in dubbio la capacità di intendere e di volere della donna al momento del fatto. Le dottoresse che hanno eseguito la somministrazione del test sono attualmente sotto indagine per presunte irregolarità. Tuttavia, il difensore di Pifferi, avvocato Mirko Mazzali, ha rigettato con forza queste accuse: “Non si tratta di nessun falso, manca il movente”, ha affermato al termine dell’udienza, sottolineando come la contestazione dell’operato professionale delle psicologhe non possa automaticamente configurare un reato di favoreggiamento. Il processo è stato rinviato a venerdì, quando si concluderanno le arringhe delle altre difese, mentre la sentenza è prevista per il 1° dicembre.
Il deficit cognitivo e la capacità di intendere e volere
Approfondimenti recenti, tra cui una relazione del prof. Massimo Blanco dell’Istituto di Scienze Forensi, hanno evidenziato che Alessia Pifferi potrebbe presentare un grave deficit cognitivo di natura intellettiva. Questo tipo di deficit si traduce in difficoltà nelle funzioni cognitive essenziali, quali memoria, attenzione, ragionamento e problem solving, che incidono sul funzionamento adattivo nell’ambito della vita quotidiana.
La distinzione tra disabilità intellettiva e disturbo neurocognitivo è cruciale per la valutazione della capacità di intendere e volere, che rappresenta la capacità di comprendere la realtà e di autodeterminarsi nelle proprie scelte. Nel caso di Pifferi, il perito nominato in primo grado aveva rilevato che, nonostante il possibile deficit cognitivo, il funzionamento della donna nella vita quotidiana non escludeva né diminuiva la sua capacità di intendere e volere in relazione all’abbandono della figlia.
Il procedimento ha inoltre messo in luce criticità nella somministrazione del test WAIS: secondo il perito, la mancanza di dettagli sulle modalità di esecuzione e l’intervento delle psicologhe con attività non strettamente competenti, come il sostegno psicologico, avrebbero potuto influenzare i risultati, generando dubbi sull’attendibilità della prova.
Il dibattito processuale continua dunque a focalizzarsi sulla complessità della valutazione psicopatologica forense, sul nesso eziologico tra deficit cognitivo e reato e sulla correttezza delle prove raccolte.
Fonte: Alessia Arrigo - Processo Pifferi bis, avvocato della psicologa: "Nessun falso, manca il movente"






