Roma, 16 ottobre 2025 – In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, si è svolto questa mattina un presidio al Piazzale Ugo La Malfa, nelle immediate vicinanze della sede della FAO a Roma. La manifestazione, promossa da attivisti solidali con il popolo palestinese, ha puntato i riflettori sulla questione della scarsità idrica e della sicurezza alimentare nella Striscia di Gaza, denunciando l’uso di fame e sete come armi di guerra.
Denuncia degli attivisti: la fame a Gaza come strumento di guerra

Secondo gli attivisti presenti, nel dibattito internazionale sulla crisi alimentare si trascura un elemento cruciale: la situazione drammatica della Palestina, in particolare la Striscia di Gaza, dove la popolazione è vittima di una politica di assedio che limita gravemente l’accesso a risorse fondamentali come acqua e cibo. “Affamare un popolo è un crimine”, hanno scandito i manifestanti, sottolineando come Israele utilizzi la scarsità di risorse idriche e alimentari come arma di guerra.
Giorgina Levi, attivista e figura di spicco nel movimento di solidarietà, ha sottolineato come i rapporti ufficiali della FAO evidenzino livelli massimi di fame e carestia nella Striscia di Gaza. In questo contesto, ha definito paradossale la presenza di Israele come “ospite d’eccezione” nelle discussioni sulla gestione delle risorse idriche, mentre, secondo le sue parole, il governo israeliano contribuisce ad “assetare un popolo”.
Amnesty International: il piano di pace e il blocco degli aiuti umanitari
Sul tema è intervenuto anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che ha espresso preoccupazione per l’instabilità del cosiddetto piano di pace, definito “molto precario” e privo di termini fondamentali come “diritti umani” e “giustizia”. Noury ha inoltre evidenziato come l’ultimo ultimatum sulla restituzione dei corpi israeliani abbia provocato il blocco del valico di Rafah, fondamentale per l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.
La situazione umanitaria, dunque, resta critica, con la popolazione civile intrappolata in un’emergenza che si aggrava di giorno in giorno, mentre la comunità internazionale sembra incapace di adottare misure efficaci per garantire il diritto al cibo e all’acqua.
Il presidio si inserisce in un contesto di crescente mobilitazione internazionale per denunciare le violazioni dei diritti umani in Palestina e richiamare l’attenzione sulla necessità di interventi concreti per garantire la sicurezza alimentare e il rispetto delle norme umanitarie.






