Roma, 1 settembre 2025 – Il caso del sito Phica.eu continua a scuotere il panorama digitale italiano. Roberto Maggio, imprenditore italiano residente tra Dubai e Sofia, ha rilasciato un’intervista esclusiva al Tg5 in cui precisa il suo ruolo nell’ambito delle controversie legate alla piattaforma: “Non sono io il gestore del sito, controllavo solo la piattaforma per i pagamenti. I contenuti? Non li conoscevo“. Le indagini della polizia postale sono ancora in corso, mentre si moltiplicano le denunce per la diffusione di foto rubate e insulti sessisti.
Il ruolo di Roberto Maggio e la chiusura di Phica.eu
Roberto Maggio è stato indicato come responsabile perché la sua società, Hydra, insieme ad Atelier, gestiva i sistemi di pagamento collegati al sito. “Io ero solo il gestore delle transazioni economiche, non avevo nulla a che fare con la gestione dei contenuti“, ha sottolineato. Il sito, che ha pubblicato illegalmente centinaia di immagini private di donne, tra cui molte figure pubbliche del mondo della politica e dello spettacolo, è stato chiuso dai suoi amministratori “con grande dispiacere” proprio a causa della deriva violenta e tossica degli utenti, che ha portato il portale a essere percepito più come una fonte di pericolo che come una comunità.
Le forze dell’ordine hanno avviato perquisizioni e sequestri dei server, in una complessa indagine volta a identificare il vero proprietario del sito e gli autori degli atti persecutori e diffamatori. Le vittime hanno raccontato di essere state costrette a pagare per rimuovere le foto, e si stanno valutando ipotesi di reato quali revenge porn, estorsione e istigazione a commettere violenza sessuale.
Differenze tra Phica.eu e altri casi simili
A differenza del gruppo Facebook Mia Moglie, chiuso facilmente perché ospitato su una piattaforma regolata da Meta, Phica.eu era un sito web indipendente, probabilmente su server esteri, il cui controllo è molto più complesso. Il sito utilizzava un sistema di redirect da un dominio all’altro per restare accessibile, complicando ulteriormente la chiusura forzata. Inoltre, i contenuti erano indicizzati da motori di ricerca come Google, rendendo difficile l’eliminazione totale delle immagini e dei commenti offensivi.
Il Digital Millennium Copyright Act (DMCA) è stato richiamato dai gestori come strumento per la rimozione di contenuti, ma la normativa americana ha limitazioni nell’applicazione a siti non ospitati negli Usa.
La risposta politica e le indagini in corso
Il Partito Democratico ha promosso un ricorso collettivo che coinvolge tutte le donne della politica vittime della vicenda, con l’obiettivo di dare un segnale forte contro la violenza digitale. La commissione femminicidi ha chiesto l’apertura urgente di un’indagine sull’odio online contro le donne, coinvolgendo esperti e giuristi per proporre strumenti legislativi più efficaci.
Le forze dell’ordine stanno inoltre lavorando per risalire all’identità degli utenti responsabili tramite l’analisi degli indirizzi IP. Vogliono assicurare alla giustizia chi ha violato la privacy e diffuso contenuti offensivi e illegali.



