Palmoli, 13 novembre 2025 – Continua a far discutere il caso della famiglia anglosassone che ha scelto di vivere nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, lontana da elettricità e acqua corrente, in una dimensione di pieno contatto con la natura. Catherine e Nathan, rispettivamente di origine australiana e inglese, vivono in un casolare isolato con i loro tre figli, una bambina di otto anni e due gemelli di sei, seguendo uno stile di vita che ha suscitato sia apprezzamenti da parte di oltre cinquemila sostenitori di una petizione online, sia l’attenzione delle autorità giudiziarie.
Una scelta di vita immersa nella natura e nell’unschooling
La famiglia vive senza i servizi essenziali moderni, utilizzando acqua di pozzo e una cucina a legna, con il bagno esterno privo di scarico. La vicenda si è aggravata nel 2024 quando i bambini sono stati ricoverati per un’intossicazione alimentare da funghi, evento che ha portato le forze dell’ordine a indagare sulle condizioni di vita e sul percorso educativo dei minori. In Italia l’istruzione è obbligatoria fino ai 16 anni e prevede esami di idoneità annuali per chi opta per l’istruzione parentale. Tuttavia, la coppia ha scelto il cosiddetto unschooling, una forma di homeschooling basata sull’apprendimento spontaneo e autodiretto, senza programmi scolastici rigidi, un metodo nato negli anni Settanta negli Stati Uniti e che privilegia le emozioni e le esperienze quotidiane.
Catherine e Nathan sostengono che questa modalità educativa e questo stile di vita siano un antidoto a una società che percepiscono come “avvelenata” dalla tecnologia e dall’inquinamento sociale. “In natura le vibrazioni sono più equilibrate“, ha dichiarato Catherine in un’intervista televisiva, sottolineando l’importanza di valori come condivisione, aiuto reciproco e sincerità. Il loro avvocato, Giovanni Angelucci, ha ribadito che nella famiglia non vi sono forme di violenza o disagio, ma semplicemente una scelta alternativa che dovrebbe essere rispettata.

La petizione per la difesa della famiglia nel bosco e il dibattito pubblico
L’attenzione mediatica è cresciuta rapidamente, con servizi televisivi dedicati e una mobilitazione popolare che ha portato alla creazione di una petizione su Change.org, promossa dall’associazione Meta Parma per la tutela degli animali e dell’ambiente. In meno di 24 ore la raccolta firme ha superato le mille adesioni, sostenendo che Catherine e Nathan non vivano in condizioni di povertà o abbandono, ma abbiano semplicemente scelto una vita alternativa. Meta Parma denuncia un “ingiustificato intervento del sistema” che ha già portato alla sospensione della patria potestà e minaccia di sottrarre i figli alla famiglia.
I commenti degli utenti sottolineano come l’educazione impartita ai bambini sia improntata all’amore e al rispetto della natura, e chiedono che la famiglia venga lasciata libera di vivere secondo i propri valori, senza essere giudicata da un sistema giudiziario percepito come eccessivamente rigido e burocratizzato.
I protagonisti: Catherine e Nathan, una famiglia nel bosco
Catherine, di origine australiana, e Nathan, inglese, sono figure che rappresentano una scelta consapevole e radicale di vita lontana dal modello dominante. Il nome Nathan, di origine ebraica e poco diffuso in Italia, simboleggia “dono” ed è portato da molti personaggi storici e culturali, ma nel caso specifico è identificativo di un uomo che ha deciso di abbracciare un’esistenza alternativa.
La storia di Catherine e Nathan ricorda quella di altri personaggi pubblici che hanno scelto o raccontato stili di vita alternativi, sebbene in questo caso la vicenda abbia raggiunto toni giudiziari. Nonostante il contesto di isolamento, la famiglia è stata spesso oggetto di servizi televisivi che ne hanno mostrato la serenità e l’affetto reciproco, elementi che hanno contribuito a mobilitare l’opinione pubblica in loro favore.
Il Tribunale per i minorenni si pronuncerà entro fine novembre 2025 sul futuro dei tre bambini, valutando se la famiglia debba adeguare almeno i servizi igienici della propria abitazione. L’esito di questa decisione sarà cruciale per capire come il sistema giuridico italiano intenderà bilanciare la libertà di scelta educativa e di vita con la tutela dell’infanzia.






