Con la crescita delle piattaforme che permettono di monetizzare sui contenuti personali, come OnlyFans, il concetto di riservatezza online è diventato sempre più complesso. Video e immagini pensati per una cerchia ristretta di utenti finiscono talvolta diffusi ben oltre i limiti previsti dal loro autore. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25516/2025, ha tracciato un confine netto: quando questi materiali vengono condivisi senza consenso, si configura il reato di revenge porn.
Cosa dice la legge
Come ricorda il portale “La Legge per Tutti”, l’articolo 612-ter del codice penale punisce la “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. La nozione di “privato”, sottolinea la Cassazione, non coincide con il segreto assoluto, ma con la limitazione a un contesto specifico scelto dall’autore. Pubblicare un video su OnlyFans significa mostrarlo esclusivamente a chi paga un abbonamento: il consenso si ferma a quella cerchia ristretta, non all’intero web.
Il caso giudiziario
Alla base della decisione c’è la vicenda di una 28enne che aveva inviato ai familiari del suo ex un video hard della donna, estratto da una piattaforma online. La difesa aveva sostenuto che il contenuto non potesse essere considerato privato, in quanto già presente anche su X (ex Twitter). La Suprema Corte ha respinto questa tesi, precisando che anche i social network più aperti prevedono comunque forme di registrazione e delimitazione dell’accesso. L’illecito nasce dunque dal prelievo del materiale dal suo ambiente originario e dalla sua diffusione verso soggetti non autorizzati.
Le conseguenze penali
Con la pronuncia, la Cassazione ha confermato il sequestro di smartphone e hard disk e la piena configurabilità del reato di revenge porn. Il verdetto ribadisce un concetto fondamentale: il fatto di condividere la propria intimità in uno spazio digitale delimitato non equivale a rinunciare al diritto alla riservatezza. La diffusione altrove di quel materiale senza consenso integra un illecito penale con conseguenze rilevanti.
I confini digitali contano
La sentenza diventa così un punto di riferimento in un contesto in cui il gesto di inoltrare un file o un link appare spesso innocuo. La Suprema Corte richiama tutti al rispetto dei confini digitali, che hanno valore legale, e mette in guardia sul rischio che strumenti pensati per la condivisione possano trasformarsi in armi di vendetta o umiliazione.




