Modena, 23 luglio 2025 – La Corte d’Assise di Modena, presieduta dalla giudice Ester Russo, ha inflitto una condanna a 30 anni di reclusione a Mohamed Bedoui Gaaloul, 30enne tunisino, ritenuto responsabile dell’omicidio di Alice Neri, giovane mamma di Ravarino uccisa nella notte tra il 17 e il 18 novembre 2022 nelle campagne di Concordia, nel modenese.
Alice Neri, la sentenza e le pene accessorie
Oltre alla pena detentiva, la Corte ha disposto a carico di Gaaloul il pagamento delle spese processuali nel caso dell’omicidio di Alice Neri e la misura di sicurezza della libertà vigilata per cinque anni. L’imputato dovrà inoltre corrispondere un risarcimento danni consistente: un milione di euro alla figlia della vittima, 600mila euro alla madre Patrizia Montorsi e 200mila euro al fratello Matteo Marzoli. Risarcimenti di diecimila euro sono stati assegnati anche alle associazioni Udi e Casa delle Donne. La sentenza accoglie pienamente la richiesta formulata dai pubblici ministeri Claudia Natalini e Giuseppe Amara, che hanno sostenuto come gli elementi raccolti nelle indagini confermassero la colpevolezza di Gaaloul oltre ogni ragionevole dubbio.
Il processo e le posizioni delle parti
L’imputato, arrestato nel dicembre 2022 in Francia, è stato giudicato colpevole di omicidio volontario e occultamento di cadavere. La vittima fu accoltellata con almeno sette fendenti e il corpo ritrovato carbonizzato all’interno dell’auto, circostanza che ha aggravato la gravità del reato. Durante il processo, Gaaloul ha sempre negato le accuse, sostenendo di non essere stato l’autore dell’omicidio e di essere stato invitato dalla vittima a scendere dall’auto la notte del delitto.
Particolarmente rilevante è stata la decisione del marito di Alice Neri, Nicholas Negrini, che ha revocato la costituzione di parte civile, dichiarando di non avere certezze sulla colpevolezza dell’imputato e richiedendo la riapertura delle indagini per individuare il vero responsabile. Il suo legale, l’ex magistrato antimafia Antonio Ingroia, ha evidenziato la mancanza di prove definitive e la necessità di evitare un errore giudiziario. Nei confronti dell’imputato sono emersi anche elementi relativi a una vita difficile, segnata da problemi legati a debiti e attività illecite, ma questi non sono stati ritenuti sufficienti a scagionarlo dall’accusa principale.






