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Omicidio a Gemona, la madre di Alessandro confessa: “Mailyn mi chiedeva di ucciderlo da mesi”

La tragedia di Gemona svela una drammatica vicenda familiare tra violenze, depressione post partum e premeditazione. La figlia di pochi mesi era presente durante il delitto

by Alessandro Bolzani
5 Agosto 2025
Alessandro Venier, la vittima del delitto di Gemona

Alessandro Venier, la vittima del delitto di Gemona | Ansa - Alanews.it

Gemona, 5 agosto 2025 – Un orrore familiare ha sconvolto la comunità di Gemona del Friuli: Alessandro Venier, 35 anni, è stato ucciso e fatto a pezzi dalla madre Lorena Venier, 61 anni, e dalla compagna Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni. La tragedia si è consumata nella villetta di famiglia e ha portato alla luce una storia di violenze, tensioni e premeditazione.

La confessione della madre e il movente

Durante l’interrogatorio davanti al Gip del Tribunale di Udine, Lorena Venier ha rivelato dettagli drammatici sull’omicidio del figlio. Ha dichiarato che Mailyn chiedeva da mesi di uccidere Alessandro, già dal giorno della nascita della loro bambina, avvenuta a gennaio. La donna ha descritto un clima di violenza in casa: Mailyn veniva picchiata, insultata e minacciata di morte da Alessandro, il quale minimizzava la sua depressione post partum. Lorena ha raccontato di aver deciso di denunciare la situazione, ma è stata aggredita dal figlio, che le ha dato un pugno alla schiena.

Nel corso della lunga confessione, la madre ha spiegato le modalità dell’omicidio: intorno alle 17.30 è stata somministrata una dose massiccia di sonniferi e poi due iniezioni di insulina, farmaci che Lorena aveva tenuto in casa quando in passato aveva maturato la decisione di suicidarsi. Alessandro, però, non è morto subito: si è spento solo verso le 23 dopo un’agonia di circa sei ore. La donna ha aggiunto che, dopo la morte, ha sezionato il corpo in tre pezzi con un seghetto perché non entrava nel bidone dove sarebbe stato nascosto con calce viva nell’autorimessa.

Il quadro familiare che ha portato al delitto di Gemona

Il delitto è stato definito come un omicidio volontario in concorso con aggravanti di vilipendio e occultamento di cadavere alla presenza di un minore, contestate sia a Lorena che a Mailyn. La bambina, affidata a un istituto protetto, era presente durante i fatti drammatici. La partenza della famiglia per la Colombia, prevista per il giorno successivo all’omicidio, sembra essere stata la scintilla che ha fatto scoppiare la tragedia.

Gli avvocati delle due donne hanno confermato che Alessandro era violento e aggressivo, con episodi di maltrattamenti sia sulla compagna che sulla madre. L’uomo, noto per la sua passione per le armi e per i comportamenti violenti anche verso gli animali, era stato licenziato dalla Croce Rossa dopo aver aggredito un collega.

Mailyn, che si è avvalsa della facoltà di non rispondere durante l’udienza, soffriva di una grave depressione post partum ed era seguita dal Centro di Salute Mentale. Il Gip ha convalidato l’arresto e disposto per lei la custodia attenuata in una struttura per detenute madri con figli piccoli, come previsto dalla legge.

“Dopo il delitto Mailyn e la bimba sarebbero tornate in Colombia”

“Una volta ucciso Alessandro e calmate le acque, Mailyn sarebbe tornata in Colombia con la bambina. Io le avrei raggiunte una volta andata in pensione”, ha raccontato Lorena Venier.

Secondo quanto emerge dai verbali dell’interrogatorio, la trama omicida era in preparazione da almeno sei mesi, ovvero da quando era nata la nipotina. Il piano prevedeva che, dopo l’omicidio, la compagna della vittima, Mailyn, si rifugiasse nel suo Paese d’origine con la figlia, mentre la nonna le avrebbe raggiunte successivamente, una volta conclusa la propria carriera lavorativa.

Un elemento emerso durante la deposizione contraddice una delle prime ipotesi investigative. Si era inizialmente pensato che Alessandro dovesse partire per la Colombia insieme alla compagna e alla figlia. In realtà, la vittima si sarebbe recata da sola nel Paese sudamericano, spinta dalla necessità di espatriare prima che diventasse esecutiva una condanna per lesioni personali gravi, maturata in un contesto estraneo alla famiglia.

Questa solitudine avrebbe rappresentato un’opportunità per le due donne, che avrebbero così accelerato l’esecuzione del loro piano, certi che la scomparsa dell’uomo non avrebbe sollevato sospetti. Alessandro aveva infatti già annunciato ad amici e conoscenti l’intenzione di trasferirsi definitivamente in Colombia, una circostanza che avrebbe coperto la sua sparizione.

Il piano era stato studiato in ogni dettaglio, compresa la versione da fornire in futuro alla bambina. Lorena Venier ha spiegato che, una volta cresciuta, alla nipotina sarebbe stata raccontata una versione edulcorata dei fatti. “Avremmo parlato bene del papà, solo cose belle. Lo avremmo descritto in buona luce, nascondendole per sempre la verità della violenza che abbiamo subito.”

La minaccia di Alessandro a Mailyn: “Ti porto in Colombia e ti annego”

“Ti porto in Colombia e ti annego nel fiume, tanto laggiù non ti cerca nessuno”. È questa la minaccia più grave che Alessandro Venier avrebbe rivolto alla compagna Mailyn durante uno dei frequenti e violenti litigi domestici, secondo quanto riportato nella dettagliata ricostruzione della madre della vittima, verbalizzata dagli investigatori. Il racconto della donna delinea un’escalation di tensioni, violenze e intimidazioni culminata, secondo l’accusa, nella pianificazione e nell’esecuzione di un omicidio premeditato da parte di suocera e nuora.

Stando a quanto emerso finora, né Lorena né Mailyn avevano mai sporto denuncia formale alle forze dell’ordine. Il timore di possibili ritorsioni da parte di Alessandro avrebbe dissuaso entrambe dall’intraprendere azioni legali.

Nel quadro ricostruito dalla madre della vittima non si fa mai riferimento al coinvolgimento diretto della bambina, che anzi appare protetta e tenuta lontana dalla spirale di violenza. La nonna, legatissima alla nipotina, con cui aveva sviluppato un rapporto quasi simbiotico, si era fatta carico della sua cura quotidiana anche a causa della depressione post-partum di Mailyn, che aveva profondamente segnato la giovane donna, rendendola ancora più vulnerabile.

Mailyn, 30 anni, è stata trasferita all’Istituto a custodia attenuata per madri situato sull’isola della Giudecca, a Venezia. Nella giornata di domani è previsto il primo colloquio con i suoi legali, Federica Tosel e Francesco De Carlo, che sperano di poterla incontrare per raccogliere finalmente la sua versione dei fatti. Finora, la donna non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale: le uniche ammissioni sono state fatte in assenza di un avvocato nella caserma dei carabinieri di Gemona e, proprio per questo, non potranno essere utilizzate nel processo. Tutti gli altri elementi a disposizione degli inquirenti provengono esclusivamente dalle parole di Lorena Venier.

Per approfondire: Delitto di Gemona, è stata Mailyn a chiamare il 112. Lorena Venier avrebbe voluto mantenere il segreto

Tags: Alessandro VenierGemona del FriuliLorena VenierMailyn Castro Monsalvoprima pagina

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