In un contesto geopolitico segnato da tensioni internazionali e conflitti, la questione della leva militare obbligatoria torna a essere centrale nel dibattito politico e strategico italiano. Mentre diversi Paesi membri della NATO hanno già reintrodotto o rafforzato il servizio militare obbligatorio, in Italia la discussione sulla possibile reintroduzione rimane aperta, con implicazioni significative per la sicurezza nazionale e l’economia.
Paesi NATO e leva militare: trend e aggiornamenti
Negli ultimi anni, numerosi Stati europei della NATO hanno deciso di ripristinare il servizio di leva obbligatorio per fronteggiare le nuove minacce. Paesi come Svezia, Lettonia (reintrodotto nel 2023) e Lituania (nel 2024) hanno adottato misure simili, spesso allargando la leva anche al genere femminile, come nel caso di Norvegia e Danimarca, che dal 2026 equiparerà uomini e donne nel servizio militare. La Germania, pur mantenendo un modello volontario, ha introdotto l’obbligo di registrazione per tutti i 18enni, offrendo incentivi economici fino a 2.300 euro al mese per attrarre reclute, con la possibilità futura di tornare a una leva obbligatoria più tradizionale.
Nel quadro geopolitico, la collaborazione tra Ucraina e Polonia nel contrasto ai droni russi, sancita da un accordo firmato dai rispettivi ministri della Difesa, testimonia l’aumento della cooperazione militare nell’Alleanza Atlantica per fronteggiare minacce ibride e tecnologiche.
L’Italia e la leva militare obbligatoria: situazione attuale e scenari futuri
L’Italia, secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto, presenta una vulnerabilità significativa in termini di personale militare: al 2023 gli effettivi erano 93.000, ben al di sotto dei 138.000 necessari per garantire una difesa efficace. La sospensione della leva militare obbligatoria, in vigore dal 2005 come da articolo 1929 del Codice dell’ordinamento militare, non ha cancellato la possibilità di riattivarla in caso di emergenza, come previsto dalla Costituzione italiana agli articoli 11, 52 e 78.
In caso di conflitto, l’arruolamento seguirebbe un ordine preciso: prima gli attuali militari, poi gli ex militari con meno di cinque anni di congedo, e infine i civili idonei tra i 18 e i 45 anni. La chiamata alle armi, stabilisce la legge, non può essere rifiutata e la difesa della Patria è considerata un dovere sacro del cittadino.
Dal punto di vista politico, la Lega ha presentato proposte per reintrodurre un servizio militare e civile universale, obbligatorio per sei mesi, ma il dibattito resta frammentato. Il ministro Crosetto ha espresso cautela sull’argomento, mentre la Lega insiste per una leva che coinvolga sia ragazzi che ragazze.
Impatti economici e confronto internazionale
Oltre agli aspetti militari, la reintroduzione della leva obbligatoria avrebbe significative ripercussioni sull’economia nazionale. Studi tedeschi evidenziano che un servizio militare esteso a un’intera classe di età potrebbe far calare la produzione economica dell’1,6%, equivalente a circa 70 miliardi di euro. Modelli più limitati, come quello svedese, comporterebbero costi molto più contenuti, intorno ai 3 miliardi di euro.
Il dibattito resta aperto anche alla luce delle attuali tensioni internazionali, con la guerra in Ucraina e l’instabilità in Medio Oriente che spingono i Paesi NATO a rafforzare la propria capacità difensiva, non escludendo misure drastiche come il ritorno della leva obbligatoria.
L’Italia, con i suoi attuali limiti numerici nelle forze armate e le sfide geopolitiche emergenti, si trova quindi a un bivio strategico che potrebbe segnare il futuro della sua difesa e sicurezza nazionale.






