Napoli, 2 dicembre 2025 – Un’importante operazione congiunta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli e dei carabinieri ha portato all’arresto di 21 persone ritenute appartenenti al clan Licciardi, una delle componenti principali dell’Alleanza di Secondigliano, storica consorteria camorristica attiva nel territorio partenopeo.
Blitz contro il clan Licciardi: i dettagli dell’operazione
Dalle prime ore dell’alba, i militari del Comando provinciale di Napoli hanno eseguito misure cautelari nei confronti di 21 indagati, di cui 19 in carcere e 2 agli arresti domiciliari. Tra questi, cinque erano già detenuti. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni, accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di detenuti, ricettazione ed evasione, con l’aggravante delle finalità mafiose.
L’indagine ha svelato come il clan gestisse il controllo sulle case popolari e imponeva il pizzo anche su attività fraudolente online, come le truffe informatiche realizzate tramite phishing. Un elemento particolarmente significativo emerso è che alcuni boss, pur detenuti, riuscivano a comunicare con gli affiliati attraverso l’uso di telefoni cellulari all’interno delle celle. Tra gli arrestati figura anche il reggente Paolo Abbatiello, che ha preso il comando del clan dopo l’arresto della storica boss Maria Licciardi, nota come “‘a piccerella”.
Durante la conferenza stampa in Procura, il procuratore Nicola Gratteri ha evidenziato che “il clan Licciardi imponeva il controllo del territorio in modo capillare, facendo sentire i cittadini come ospiti nel loro stesso quartiere“. Il controllo delle case popolari non rappresenta solo una fonte di guadagno, ma soprattutto uno strumento di potere per creare pacchetti di voti da utilizzare in campagna elettorale. Anche il procuratore aggiunto Sergio Amato ha sottolineato casi specifici, come quello di una famiglia a Piscinola-Marianella costretta a pagare una tangente per mantenere l’alloggio.
Strategie criminali e collegamenti con altri clan
L’inchiesta ha anche fatto luce sulla fitta rete di rapporti che il clan Licciardi mantiene con altre organizzazioni malavitose, fra cui i clan Mazzarella e i Russo dell’area nolana, confermando una relativa pace territoriale e alleanze strategiche. Il comandante provinciale dei carabinieri di Napoli, generale Biagio Storniolo, ha evidenziato come il clan esercitasse un vero e proprio controllo su tutte le attività illecite, imponendo il racket anche su truffatori informatici che versavano una quota alle articolazioni del clan, in particolare a Bagnoli.
Il tenente colonnello Antonio Bagarolo ha inoltre segnalato come l’uso di smartphone in carcere rappresenti “una piaga che emerge in tutte le attività investigative”, citando il caso di Alessandro Giannelli, noto esponente della camorra nei quartieri occidentali di Napoli, sorpreso a utilizzare telefoni cellulari dal carcere.
L’operazione rappresenta un ulteriore colpo inferto alla camorra napoletana, confermando l’impegno della Procura di Napoli, guidata da Nicola Gratteri, nella lotta contro le organizzazioni criminali che condizionano la vita sociale ed economica della città.






