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Mostro di Firenze, svolta nel caso: Natalino Mele era figlio di Giovanni Vinci

by Marco Viscomi
22 Luglio 2025
Giorgio Vanni in udienza sul Caso del Mostro di Firenze

Giorgio Vanni in udienza sul Caso del Mostro di Firenze | Alanews

Firenze, 22 luglio 2025 – Una nuova svolta emerge dalle indagini sul Mostro di Firenze, il caso che ha sconvolto la Toscana e l’Italia intera con una sequenza di otto duplici omicidi commessi dal 1968 al 1985. Un recente esame del DNA ha infatti rivelato un legame inaspettato che potrebbe riscrivere la storia del primo delitto della serie, avvenuto a Signa nel 1968.

Mostro di Firenze, il DNA svela la paternità di Natalino Mele

L’ultima rivelazione riguarda Natalino Mele, il bambino di sei anni e mezzo che sopravvisse alla strage in cui furono uccisi la madre, Barbara Locci, e il suo amante Antonio Lo Bianco. Per anni si è ritenuto che il padre fosse Stefano Mele, il marito della donna, condannato per quell’omicidio. Tuttavia, un accertamento genetico disposto dalla procura ha stabilito che il padre biologico di Natalino è invece Giovanni Vinci, fratello maggiore di Francesco e Salvatore Vinci, figure già note nell’inchiesta per il loro coinvolgimento nel cosiddetto “clan sardo”.

Questa scoperta, consegnata dai magistrati dal genetista esperto in cold case Ugo Ricci, apre nuovi interrogativi: il killer sapeva chi fosse realmente il padre del bambino? Natalino, informato dalla procura, ha dichiarato di non aver mai conosciuto Giovanni Vinci, complicando così la ricostruzione degli eventi. Ricci è noto anche per aver svolto un ruolo determinante nel caso Garlasco, dove individuò il DNA di Andrea Sempio sotto le unghie di Chiara Poggi.

La pista sarda e i misteri irrisolti del Mostro di Firenze

La pista dei fratelli Vinci, in particolare Francesco e Salvatore, era già centrale all’interno delle indagini, ma Giovanni non era mai stato coinvolto ufficialmente. Ora si scopre che anche lui intratteneva una relazione con Barbara Locci, aggiungendo un ulteriore strato di complessità a un caso già fitto di ombre.

Il delitto di Signa, che segnò l’inizio della serie di omicidi attribuiti al Mostro di Firenze, aveva come arma una pistola Beretta calibro 22, mai ritrovata, che si rivelò poi la stessa utilizzata nei delitti successivi. La dinamica dell’assassinio prevedeva la vittima maschile colpita prima a colpi d’arma da fuoco, seguita dalla donna, che veniva spesso mutilata con un coltello, secondo un rituale che ha alimentato ipotesi di natura esoterica o satanica.

L’enigma della sopravvivenza di Natalino e di come il bambino sia riuscito a raggiungere un casolare a oltre due chilometri di distanza, a piedi, in piena notte e al buio, con i calzini puliti, resta ancora senza risposta. La sua testimonianza, frammentata e confusa, è stata essenziale per ricostruire la scena del crimine, ma non ha mai chiarito chi abbia risparmiato il bambino e perché.

Il contesto degli omicidi e le indagini successive

Tra il 1974 e il 1985, furono commessi sette duplici omicidi con modalità simili: coppie di giovani amanti uccise nelle campagne intorno a Firenze, sempre con la stessa arma e in notti particolarmente buie. La notorietà del caso aumentò l’attenzione mediatica e il timore diffuso tra la popolazione locale, che iniziò a evitare i luoghi isolati, mentre i media dibattevano sull’opportunità di concedere ai giovani più libertà in casa per evitare rischi.

Le indagini portarono all’arresto e alla condanna definitiva di due soggetti, i cosiddetti “compagni di merende” Mario Vanni e Giancarlo Lotti, ritenuti esecutori materiali di alcuni duplici omicidi. Pietro Pacciani, inizialmente condannato, fu assolto in appello e morì prima di un nuovo processo. Tuttavia, mai furono trovate prove biologiche o impronte digitali inequivocabili sui luoghi del delitto che collegassero direttamente i condannati alle scene.

Il caso rimane tra i cold case più complessi in Italia, con molte piste aperte, tra cui quella sarda, ora ulteriormente rafforzata dal nuovo esame del DNA che coinvolge Giovanni Vinci.

Il ruolo del genetista Ugo Ricci negli sviluppi investigativi

Il genetista Ugo Ricci, già noto per il suo lavoro in casi di grande risonanza come quello di Chiara Poggi, ha fornito un contributo decisivo anche nel caso del Mostro di Firenze. Nel 2018, nel corso di indagini che coinvolgevano l’ex legionario Giampiero Vigilanti, il Ros aveva raccolto in segreto i profili genetici di alcuni sospettati, tra cui Natalino Mele e un figlio di Salvatore Vinci. Solo recentemente, grazie agli avanzamenti nelle tecniche di analisi genetica e alla riesumazione del corpo di Francesco Vinci, è stato possibile ottenere un confronto che ha portato alla nuova verità sulla paternità di Natalino.

Questa scoperta apre nuovi scenari investigativi e potrebbe fornire spiegazioni a molti dettagli finora oscuri: chi e perché ha risparmiato il bambino? Come mai la sua presenza nella macchina non fu confermata dal gestore del cinema di Signa la sera del delitto? Ancora oggi, il Mostro di Firenze rimane un mistero avvolto da ombre e reticenze, con nuove verità che emergono a distanza di decenni.

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