Roma, 15 ottobre 2025 – È stata fissata per il 26 marzo prossimo l’udienza preliminare davanti al giudice per le indagini preliminari di Roma per cinque medici dell’ospedale Bambino Gesù accusati di omicidio colposo in relazione alla morte di Giacomo Francesco Saccomanno, bambino di due anni deceduto il 3 gennaio 2019. Il piccolo, nato a Rosarno e affetto da una grave patologia cardiaca congenita, era stato sottoposto a un intervento per l’impianto di un pacemaker al centro cardiologico pediatrico Mediterraneo dell’ospedale Bambino Gesù del San Vincenzo di Taormina. Dopo un trasferimento a Roma, il bambino è deceduto a seguito di una serie di errori medici contestati.
Il percorso clinico e gli errori contestati
Secondo l’accusa, i medici dell’ospedale romano intervennero con macroscopico ritardo e commisero gravi imperizie, tra cui il posizionamento errato delle cannule arteriosa e venosa a sinistra del collo del piccolo Giacomo, che versava in arresto cardiocircolatorio prolungato. L’intervento, iniziato solo il 1° gennaio 2019, fu eseguito con ritardo e risultò inefficace, portando il bambino a entrare in coma e morire il 3 gennaio.
Il caso, originariamente archiviato, è stato riaperto dopo ulteriori approfondimenti investigativi e nuove denunce, con la procura che ha chiesto il rinvio a giudizio per cinque medici: Mario Salvatore Russo, Antonio Ammirati, Roberta Iacobelli, Sonia Albanese e Matteo Trezzi. I familiari del piccolo, assistiti dagli avvocati Domenico Naccari e Jacopo Macrì, si sono costituiti parte civile nel procedimento.
Storia clinica e gestione ospedaliera al Bambino Gesù
Giacomo Saccomanno era nato con un blocco atrioventricolare completo congenito e aveva subito il primo intervento chirurgico subito dopo la nascita. Nel corso dei due anni successivi, fu seguito in diversi centri specializzati, tra cui il Bambino Gesù di Roma, dove furono rilevate anomalie significative durante le visite cardiologiche, tra cui un ingrandimento atriale destro e una posizione anomala degli elettrodi del pacemaker. Tuttavia, secondo gli inquirenti, i medici non prescrissero tempestivamente esami diagnostici fondamentali, come la Tac cardiaca, ritardando così il trattamento necessario.
Il 31 dicembre 2018, il piccolo fu trasferito dalla Calabria a Roma in condizioni critiche. L’intervento chirurgico di impianto del pacemaker, eseguito con ritardo e con gravi errori tecnici, non riuscì a stabilizzare le sue condizioni. La famiglia ha intrapreso una lunga battaglia legale per ottenere giustizia, denunciando una serie di negligenze, imprudenze e imperizie mediche che hanno causato la morte prematura del bambino.
La difesa critica la decisione del giudice
L’avvocato Gaetano Scalise, difensore dei medici del Bambino Gesù rinviati a giudizio per omicidio colposo, ha espresso forte critica nei confronti della decisione giudiziaria che ha accolto in modo uniforme e senza distinzioni le posizioni degli indagati, definendola “una decisione che ha dell’incomprensibile”.
Secondo Scalise, la scelta del giudice appare ingiustificata soprattutto considerando che la procura aveva richiesto l’espletamento di una perizia e il successivo proscioglimento degli indagati. L’avvocato sottolinea come la mancanza di una differenziazione tra le posizioni processuali dimostri un “approccio superficiale alle questioni” emerse durante l’udienza preliminare. Il legale ribadisce che questa valutazione sarà ampiamente contestata nel corso del dibattimento, evidenziando come nella triste vicenda abbia avuto un peso rilevante la componente umana, elemento che spesso complica l’oggettività delle decisioni giudiziarie.
Il profilo giuridico dell’omicidio colposo e la responsabilità medica
L’omicidio colposo è un reato previsto dall’articolo 589 del codice penale italiano e consiste nella soppressione della vita umana a causa di una condotta negligente, senza intenzione di causare il decesso. Nel caso specifico, la responsabilità dei medici riguarda la presunta inosservanza di norme di diligenza nell’ambito della loro attività professionale. La difesa guidata dall’avvocato Scalise, esperto in diritto sanitario e responsabilità professionale, si fonda sulla necessità di una valutazione accurata e differenziata delle singole posizioni, anche alla luce delle richieste della procura che auspicavano l’esecuzione di una perizia tecnica.
L’avvocato Scalise, con un’esperienza pluridecennale nella difesa di professionisti sanitari e ospedali, ha più volte affrontato questioni complesse di responsabilità medica, sottolineando l’importanza di un’analisi approfondita e non approssimativa per garantire un giusto processo. La vicenda in questione si inserisce in un contesto giuridico delicato, dove la linea tra la componente umana e la valutazione tecnica può risultare sottile ma decisiva.


