Milano, 7 ottobre 2025 – La vicenda che ha visto coinvolto Ramy Elgaml, il giovane di 19 anni morto a seguito di un incidente stradale durante un inseguimento con i carabinieri lo scorso 24 novembre 2024, si arricchisce di nuovi sviluppi giudiziari. La Procura di Milano ha infatti richiesto al gip l’esecuzione di una perizia cinematica in incidente probatorio per chiarire l’esatta dinamica della tragedia.
La richiesta di una perizia per ricostruire la dinamica della morte di Ramy
Dopo la chiusura delle indagini preliminari con l’accusa di omicidio stradale a carico di Fares Bouzidi, amico di Ramy e conducente dello scooter, e del carabiniere alla guida dell’ultima vettura inseguitrice, i pubblici ministeri Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, della Procura di Milano diretta da Marcello Viola, hanno chiesto al gip di autorizzare un incidente probatorio con la nomina di periti indipendenti per chiarire in modo definitivo la dinamica dell’incidente. Nell’istanza, i magistrati sottolineano che, “anche per la peculiarità e la delicatezza della vicenda”, è indispensabile un accertamento tecnico che permetta di stabilire con precisione come si siano svolti i fatti.
Le versioni contrastanti sulla morte di Ramy
La decisione arriva dopo l’esame delle consulenze tecniche presentate dalle varie parti: quella del Pubblico Ministero, con relativa integrazione, e quelle depositate dagli indagati e dalla parte offesa. Le conclusioni, spiegano i pm, risultano divergenti su aspetti essenziali del caso, tanto da impedire una ricostruzione univoca della dinamica dell’impatto.
La consulenza dell’ingegnere Romaniello
Nella relazione redatta dall’ingegnere Domenico Romaniello, consulente tecnico della Procura, si sostiene che l’unico responsabile dell’incidente sarebbe stato Bouzidi, mentre il carabiniere coinvolto avrebbe tenuto un comportamento corretto.
Secondo Romaniello, il militare si sarebbe trovato improvvisamente lo scooter sulla traiettoria, senza possibilità di sterzare né a sinistra né a destra, poiché in entrambe le direzioni avrebbe rischiato di travolgere la moto o un passante. Avrebbe quindi tentato di frenare, ma a quel punto l’impatto e il successivo schianto contro il palo di un semaforo sarebbero stati inevitabili. Una conclusione che coincide, di fatto, con la linea difensiva del carabiniere, ma si pone in contrasto con le analisi degli esperti nominati dai legali di Fares e della famiglia della vittima.
Le nuove valutazioni della Procura
Nonostante la consulenza del proprio esperto, i pm non hanno aderito integralmente alle sue conclusioni. A luglio hanno infatti chiuso l’inchiesta per omicidio stradale iscrivendo nel registro degli indagati anche il carabiniere, evidenziando come elemento chiave la distanza di sicurezza inadeguata – inferiore a 1,5 metri – che il militare avrebbe mantenuto rispetto alla moto prima dello scontro, avvenuto all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta.
Verso una perizia decisiva
Dopo la chiusura delle indagini, la Procura ha ritenuto opportuno sentire nuovamente Romaniello, prima di definire il fascicolo. Ora, con la richiesta di incidente probatorio, i magistrati ritengono che una nuova perizia super partes possa fornire “elementi fondamentali per l’esercizio dell’azione penale”, permettendo di valutare se esista una ragionevole previsione di condanna nei confronti dei responsabili della morte di Elgaml Ramy.
In base agli esiti dell’accertamento, i pm decideranno se chiedere il rinvio a giudizio per entrambi gli indagati oppure procedere diversamente.
Controversie e indagini in corso
L’inseguimento nel quale fu coinvolto Ramy si sviluppò per circa otto chilometri nel quartiere Corvetto, partendo da un posto di controllo dei carabinieri in viale Liberazione. Durante la fuga, Bouzidi, privo di patente e con precedenti penali, evitò l’alt dei militari, guidando in modo pericoloso e compiendo manovre azzardate. Un impatto tra lo scooter e la vettura dei carabinieri nell’ultima fase dell’inseguimento è al centro dell’inchiesta, con diverse perizie che si contraddicono: una delle consulenze esclude l’urto, attribuendo la caduta a un impatto contro un semaforo, mentre l’altra sostiene che l’urto ci fu e fu decisivo per la perdita di controllo del mezzo.
Oltre a Bouzidi, condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, è indagato per omicidio stradale anche il carabiniere che guidava l’auto. Sono inoltre aperte indagini su altri militari per ipotesi di falso in atto pubblico e depistaggio, legate anche alla cancellazione di un video girato da un testimone.






