Milano, 19 ottobre 2025 – Una fiaccolata silenziosa ha attraversato questa sera il quartiere di Gorla a Milano per ricordare Pamela Genini, la giovane donna di 29 anni brutalmente uccisa dal suo compagno lo scorso 14 ottobre. L’iniziativa, promossa dagli abitanti del quartiere, ha voluto essere un momento di riflessione e sensibilizzazione contro la violenza di genere.
Il ricordo di Pamela Genini e la fiaccolata

Il corteo, partito da via Iglesias 33, indirizzo dell’abitazione di Pamela, ha visto la partecipazione di centinaia di persone unite sotto lo striscione “Per Pamela e per tutte”, simbolo di un dolore collettivo e della richiesta di giustizia per tutte le vittime di violenza domestica. Durante la manifestazione è stata inaugurata una “panchina rossa” nel parco antistante la casa di Pamela, un gesto emblematico per mantenere viva l’attenzione sulla lotta contro gli abusi e la violenza sulle donne. La madre della vittima era presente alla fiaccolata, senza però rilasciare dichiarazioni ai giornalisti.
Pamela Genini era una giovane donna con una storia complessa: dai timidi inizi nella sua Valle Imagna fino ai riflettori del mondo della moda e del reality, passando per una vita segnata da difficoltà familiari, come la grave condizione di salute del padre. Il suo tragico destino si è consumato in un contesto di violenza reiterata che, nonostante i segnali d’allarme, non ha trovato una protezione adeguata.
Un anno fa l’allarme ignorato: il referto medico del 2024
Un elemento cruciale nelle indagini riguarda un episodio avvenuto il 4 settembre 2024, quando Pamela si presentò al pronto soccorso dell’ospedale di Seriate con un dito rotto, risultato di una violenta aggressione da parte di Gianluca Soncin, il compagno che poi l’ha uccisa. Nel corso della visita, Pamela compilò un questionario antiviolenza – il Brief Risk Assessment – in cui espresse chiaramente la sua paura che Soncin potesse ucciderla, rispondendo affermativamente a quattro domande su cinque che indicavano un rischio elevato di reiterazione della violenza.
Nonostante ciò, il cosiddetto “codice rosso”, previsto per attivare misure di protezione immediate in questi casi, non venne attivato. La denuncia non fu formalizzata poiché Pamela si rifiutò di sporgere querela, e le forze dell’ordine limitarono il loro intervento a un semplice annotamento senza ulteriori approfondimenti o coinvolgimenti delle procure. Questo vuoto nei protocolli di tutela emerge oggi con drammatica evidenza, mentre gli inquirenti di Milano acquisiscono tutti i documenti relativi agli interventi di quell’anno per chiarire le responsabilità.
La vicenda di Pamela Genini, da una parte segna una ferita dolorosa per la comunità di Gorla e di tutta Milano, dall’altra solleva interrogativi sulle inefficienze nel sistema di prevenzione e protezione delle vittime di violenza domestica, confermando quanto sia urgente mantenere alta l’attenzione su questo tema.






