Milano, 5 agosto 2025 – La storia di Matteo Materazzi, colpito da una forma rara e aggressiva di SLA (sclerosi laterale amiotrofica), ha riportato all’attenzione pubblica una delle frontiere più delicate e complesse della medicina moderna: le terapie personalizzate con oligonucleotidi antisenso (ASO), potenzialmente in grado di intervenire direttamente sulle mutazioni genetiche alla base della malattia.
La terapia ASO: un approccio mirato contro la SLA
La terapia ASO rappresenta una delle innovazioni più importanti nella lotta contro la SLA. Come spiegato a La Gazzetta dello Sport dalla dottoressa Valentina Bonetto, responsabile del Centro SLA dell’Istituto Mario Negri, si tratta di molecole di DNA o RNA sintetico che agiscono direttamente sull’RNA messaggero per bloccare la sintesi di proteine tossiche generate da mutazioni genetiche. In pratica, è come un “cerotto molecolare” che si attacca al messaggio errato dentro la cellula per impedire la produzione di proteine dannose.
La complessità della SLA risiede proprio nella sua eterogeneità genetica: sono state identificate oltre 30 mutazioni diverse, ognuna delle quali richiederebbe un “cerotto” specifico. Un esempio concreto di terapia ASO approvata è Tofersen, rivolta ai pazienti con mutazione nel gene SOD1, che non è essenziale per la cellula e il cui blocco non comporta rischi rilevanti. Tuttavia, solo il 10% dei pazienti SLA presenta una forma genetica di questo tipo. Per le forme più rare, come quella di Matteo Materazzi, la sfida è enorme: la proteina mutata è anche funzionale e fondamentale per la cellula stessa, rendendo rischioso un suo blocco totale.
La speranza di Matteo Materazzi e le difficoltà della ricerca personalizzata
La famiglia Materazzi si è rivolta al dottor Neil Shneider della Columbia University, uno dei maggiori esperti mondiali nella ricerca sulle terapie ASO per la SLA. Qui si sta tentando di sviluppare una terapia personalizzata per la mutazione rarissima che ha colpito Matteo, una strada ancora pionieristica e costosa, con costi stimati attorno a un milione e mezzo di dollari. La raccolta fondi avviata dalla moglie di Matteo (https://www.gofundme.com/f/wjkcp-una-speranza-per-matteo) ha raggiunto i 200mila euro, ma servono ancora risorse e tempo: almeno un anno di lavoro, con risultati non garantiti.
Le terapie ASO per mutazioni rare, come quella nel gene FUS, hanno già mostrato segni incoraggianti, anche se i dati sono preliminari e non ancora ufficialmente approvati. La difficoltà maggiore è proprio la natura vitale di alcune proteine mutate, che non possono essere inibite completamente senza danneggiare le cellule sane. Questo rende indispensabile un approccio estremamente mirato, che colpisca solo la parte mutata del gene.
Ricerca e futuro: biomarcatori e intelligenza artificiale
In Italia, la ricerca sulla SLA continua a investire significativamente, con l’obiettivo di identificare biomarcatori precoci che possano segnalare il rischio di malattia prima della comparsa dei sintomi. Questo consentirebbe di iniziare le terapie in anticipo, aumentando le probabilità di successo. La dottoressa Bonetto sottolinea come gli esami genetici siano utili, ma non esaustivi visto che la maggior parte dei casi di SLA non è associata a mutazioni note.
L’obiettivo finale è sviluppare trattamenti efficaci per la quasi totalità dei pazienti, non solo quelli con forme genetiche, focalizzandosi soprattutto sulla proteina TDP-43, che si aggrega e perde la sua funzione nel 98% dei casi di SLA. Le strategie in studio puntano a ripristinare l’attività di TDP-43 con metodi alternativi agli ASO.
L’intelligenza artificiale gioca un ruolo sempre più importante, accelerando l’analisi di grandi quantità di dati e supportando i ricercatori nell’individuazione di nuovi bersagli terapeutici e nella progettazione di trattamenti personalizzati. Tuttavia, come spiega Bonetto, la creatività scientifica rimane umana; l’IA è uno strumento che affianca ma non sostituisce il processo decisionale degli esperti.
Costi e impatto sociale della terapia personalizzata
La realizzazione di terapie ASO personalizzate per malattie rare come la SLA rappresenta una sfida non solo scientifica, ma anche economica. Negli Stati Uniti, lo sviluppo di una singola terapia per un paziente può superare il milione di euro, un costo che la sanità pubblica italiana fatica a sostenere integralmente. Le famiglie coinvolte, come quella di Materazzi, si trovano spesso a dover lanciare campagne di crowdfunding per finanziare le cure.
La determinazione della famiglia Materazzi è alimentata anche dalla consapevolezza del rischio genetico per i figli, che hanno una probabilità del 15-20% di sviluppare la stessa mutazione. Questo rende ancora più urgente l’avanzamento della ricerca e la disponibilità di terapie efficaci.
L’attività del Centro SLA dell’Istituto Mario Negri, guidato da Valentina Bonetto, continua a essere centrale per la ricerca italiana su queste malattie rare, con servizi dedicati a pazienti, medici e operatori sanitari per migliorare la diagnosi precoce e la gestione terapeutica. L’integrazione tra innovazione scientifica, tecnologie digitali e collaborazione internazionale resta fondamentale per affrontare il “male oscuro” che ancora oggi la SLA rappresenta.
Per approfondire la storia di Matteo Materazzi leggi: “Matteo Materazzi ha la Sla, la moglie lancia raccolta fondi per cure innovative”.





