Milano, 15 novembre 2025 – A un anno esatto dall’arresto del cooperante italiano Alberto Trentini in Venezuela, la madre di Trentini, Armanda Colusso, ha tenuto una conferenza stampa a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, per richiamare l’attenzione sul caso e lanciare un appello per la liberazione del figlio. Trentini, 46 anni, originario di Venezia e operatore umanitario impegnato con la ONG Humanity & Inclusion, è detenuto in Venezuela dal 15 novembre 2024, arrestato mentre si recava in missione a Guasdualito nello Stato di Apure.
La detenzione di Alberto Trentini: un anno di silenzi e difficoltà

Durante l’incontro, Armanda Colusso ha descritto con dolore le condizioni di detenzione di Alberto, basandosi anche sulle testimonianze di un prigioniero svizzero liberato che ha condiviso con Trentini parte della detenzione. “La cella è di due metri per due persone, con condizioni igieniche difficili“, ha raccontato la madre, sottolineando inoltre il contrasto tra l’atteggiamento del governo svizzero, che ha preso in carico il proprio cooperante, e quello italiano, che a suo dire si è mosso poco.
In dodici mesi, la famiglia ha ricevuto solo tre telefonate dalla presidente Meloni e due incontri con l’onorevole Mantovano, mantenendo un rapporto costante con la legale di Trentini. Fino ad agosto 2025, infatti, il governo italiano non aveva avuto alcun contatto diretto con le autorità venezuelane. Colusso ha espresso amarezza: “Se fosse stato un loro figlio, l’avrebbero lasciato in prigione un anno intero?”.
Il caso di Trentini ha suscitato anche la solidarietà di altre famiglie di vittime di ingiustizie internazionali, come quelle di Giulio Regeni e Andrea Rocchelli, presenti alla conferenza insieme all’avvocata Alessandra Ballerini e all’ambasciatore e inviato speciale per gli italiani in Venezuela, Luigi Vignali. L’incontro è stato coordinato da Beppe Giulietti, presidente dell’Associazione Articolo 21.
Il quadro diplomatico e le iniziative della società civile
Alberto Trentini è stato arrestato il 15 novembre 2024 mentre si spostava da Caracas a Guasdualito. La sua detenzione è stata confermata ufficialmente solo due mesi dopo. L’operatore umanitario, con una lunga esperienza nel settore della cooperazione internazionale, si trovava in Venezuela per un progetto di assistenza a persone con disabilità. Dopo il fermo, è stato trasferito alla Direzione generale del controspionaggio militare (DGCIM) di Caracas.
La situazione ha sollevato un acceso dibattito politico e sociale in Italia: il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha convocato in più occasioni l’incaricato d’affari venezuelano a Roma, chiedendo informazioni e il rilascio di Trentini, mentre la Commissione Interamericana per i Diritti Umani ha concesso misure cautelari in suo favore, definendo la sua condizione “grave e urgente” a rischio di danni irreparabili.
La società civile si è mobilitata con diverse iniziative di solidarietà, tra cui flash mob, digiuni a staffetta e petizioni, per sollecitare un impegno più deciso da parte delle istituzioni italiane, europee e delle Nazioni Unite. L’appello è volto a garantire la tutela dei diritti fondamentali di Trentini, l’accesso a assistenza consolare e legale, e la possibilità di contatti regolari con la famiglia.
Nel frattempo, la situazione geopolitica in Venezuela resta complessa, con un aumento delle tensioni tra Caracas e Washington, mentre il governo venezuelano continua a detenere Trentini senza fornire informazioni complete sulla sua condizione. La madre di Alberto, con la voce carica di emozione e determinazione, ha ribadito che “per Alberto non si è fatto quello che era necessario e doveroso fare”, mantenendo alta l’attenzione su un caso che rappresenta una ferita aperta nel panorama della cooperazione internazionale e dei diritti umani.





