Milano, 29 maggio – È stato licenziato la maschera del Teatro alla Scala che ha esplicitamente espresso il suo sostegno per la Palestina durante il concerto del 4 maggio, alla presenza di Giorgia Meloni. Il sindacato Cub Informazione e Spettacolo ha annunciato che intraprenderà azioni per tutelare la sua solidarietà verso la giovane
L’episodio recente che ha coinvolto la maschera del Teatro alla Scala di Milano ha scatenato un acceso dibattito sulla libertà di espressione in Italia. Durante un concerto il 4 maggio scorso, la giovane maschera ha gridato “Palestina libera” all’ingresso del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Questo gesto di protesta ha portato alla sua immediata espulsione e al successivo licenziamento, suscitando la solidarietà della Cub Informazione e Spettacolo del Teatro.
Un atto di coraggio e le sue conseguenze
Il grido della maschera è avvenuto mentre Giorgia Meloni, in carica dal ottobre 2022, si apprestava a prendere posto nel Palco reale. La direzione del teatro ha descritto la decisione di licenziare la lavoratrice come un “verdetto ghigliottina”, evidenziando l’assurdità della sanzione per un atto che, secondo il sindacato, rappresenta un importante messaggio politico. La Cub ha dichiarato l’intenzione di intraprendere “tutte le azioni sindacali necessarie” per difendere la lavoratrice, definendola “coraggiosa”.
Il contesto politico italiano
Questo incidente ha riacceso il dibattito sui diritti di espressione all’interno delle istituzioni culturali italiane, soprattutto in un momento in cui la questione palestinese genera forti opinioni e divisioni. La posizione di Giorgia Meloni, che ha sempre sostenuto una linea pro-Israele, ha reso la situazione ancora più delicata, contribuendo a creare un clima di tensione attorno a manifestazioni di sostegno per la causa palestinese.
L’episodio si inserisce in un contesto di crescente polarizzazione politica, dove gli atti di dissenso, anche in ambito artistico, vengono sempre più scrutinati e, talvolta, repressi.






