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Le piste investigative dell’attentato a Sigfrido Ranucci: clan albanesi, ultrà o affari del Porto di Fiumicino

Un ordigno esplode davanti alla casa del conduttore di Report: “Avrebbero potuto uccidere mia figlia”

by Marco Viscomi
18 Ottobre 2025
Sigfrido Ranucci

Sigfrido Ranucci | ANSA/MASSIMO PERCOSSI - Alanews.it

Campo Ascolano (Pomezia) – Ancora scuote l’attentato a Sigfrido Ranucci che ha visto esplodere le macchine di proprietà del giornalista di Report, per fortuna senza vittime. Ricostruiamo le tappe e le possibili piste investigative che potrebbero essere dietro l’attacco dinamitardo.

L’attentato a Sigfrido Ranucci

Un chilo di polvere da sparo, una miccia, l’esplosione. Poi il silenzio e l’immagine di un giovane incappucciato che svanisce nella notte, mentre un’auto in fuga viene ripresa dalle telecamere. Sono da poco passate le 22 quando un boato scuote Campo Ascolano, frazione di Pomezia, a pochi chilometri da Roma: una zona di frontiera, terreno dei clan albanesi cresciuti all’ombra del narcotrafficante e ultrà Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik.

È qui che vive il giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, insieme alla moglie e ai tre figli. Giovedì sera era appena rientrato a casa, così come la figlia Michela, quando qualcuno ha dato fuoco alla miccia che ha innescato l’ordigno. “L’avevano piazzato nel vialetto, tra i vasi e le auto, dove passo ogni giorno“, racconta Ranucci, ancora scosso di fronte ai detriti.

La deflagrazione nel vialetto di casa

L’esplosione ha danneggiato gravemente l’Opel Adam che Sigfrido Ranucci aveva regalato al figlio e la Ford Ka della figlia Michela. “Avrebbero potuto ucciderla“, dice il conduttore. Il cancello dell’abitazione è saltato, pezzi d’intonaco si sono staccati dal muro di cinta, i cassonetti della differenziata sono esplosi e i vasi si sono frantumati.

Non si trattava di tritolo, ma di una bomba rudimentale realizzata da una mano esperta. Gli inquirenti indagano per “danneggiamento aggravato dal metodo mafioso” e violazione della legge sulle armi. Di fatto, però, è un chiaro attentato al giornalista e al suo lavoro, un’intimidazione che punta dritto al cuore della libertà di stampa.

Le piste investigative: dal mondo ultras ai clan albanesi, fino agli affari miliardari sul porto di Fiumicino

Sul tavolo del sostituto procuratore dell’Antimafia Carlo Villani ci sono più ipotesi. Le inchieste di Report hanno toccato temi sensibili: sagre finanziate dalla politica, balneari e infiltrazioni mafiose nell’economia.

Una pista porta al sottobosco ultras, da anni intrecciato con la criminalità organizzata e con ambienti dell’estrema destra, spesso al centro delle indagini giornalistiche della trasmissione. Sigfrido Ranucci e la sua squadra avevano raccontato i legami delle curve di Milan, Inter e Lazio con la malavita.

Un’altra ipotesi riguarda la criminalità albanese della zona, che in passato aveva già fatto arrivare segnali preoccupanti al giornalista. E poi c’è la vicenda del porto crocieristico di Fiumicino, un affare da miliardi di euro su cui Report ha acceso i riflettori.

“È un fatto gravissimo“, ha dichiarato il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, che segue di persona il caso. “Speriamo non sia il segnale di un rinnovato clima d’odio nei confronti dei giornalisti“.

Pedinamenti e piani preparati nei dettagli

Sul luogo dell’attentato sono intervenuti i carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati e di Roma. Dalle prime ricostruzioni emerge una certezza: Sigfrido Ranucci era pedinato da giorni. Il giornalista non tornava a casa da martedì. Giovedì notte, qualcuno lo osservava nascosto nella pineta di fronte all’abitazione.

Alle 21:40, quando la scorta lo ha accompagnato al cancello, il commando si è messo in movimento, ma è stato rallentato dal rientro imprevisto della figlia Michela. L’esplosione è stata rimandata alle 22:17.

Ranucci ha consegnato ai carabinieri un messaggio audio registrato da un residente: la voce dell’uomo è coperta dal fragore della bomba. Nessun timer, solo una miccia tradizionale, che lascia meno di venti secondi per fuggire.

Un uomo incappucciato, un’auto in fuga e una 500 rubata

Un testimone ha visto un uomo incappucciato, mentre altri parlano di tre persone nel parco vicino. Una Fiat 500 rubata è stata ritrovata nei pressi della casa del giornalista, e un’altra auto, ripresa dalle telecamere, sarebbe quella della fuga.

“Quella di ieri è la quarta esplosione nelle ultime tre settimane“, denuncia Nabila, una residente accorsa davanti alla casa per esprimere solidarietà. “Pensavamo fossero ragazzi. Forse era un test per studiare i tempi di reazione delle forze dell’ordine“.

Le date: 27 settembre, 4 e 10 ottobre. Martedì notte, le prove generali: tre colpi d’arma da fuoco sparati in aria. I carabinieri non avevano trovato nulla, ma oggi la sequenza appare chiara.

Sigfrido Ranucci, una lunga scia di intimidazioni e una scorta troppo debole

Non è la prima volta che Sigfrido Ranucci viene minacciato. Il pm Francesco Cascini indaga su una decina di intimidazioni, tra cui i due proiettili trovati nel 2024 davanti alla sua abitazione. “Non interessarti più al caso Moro“, recitava il messaggio.

Nonostante i precedenti, la scorta del giornalista era rimasta di livello quattro, senza vigilanza notturna: gli agenti lo accompagnavano solo fino al cancello. Dopo l’attentato, il livello di protezione sarà aumentato, con l’assegnazione di un’auto blindata.

Tags: Attentato Ranucciprima paginaSigfrido Ranucci

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