Nella serata di ieri, giovedì 16 ottobre, un’esplosione ha devastato le automobili del giornalista Sigfrido Ranucci e di sua figlia, parcheggiate davanti all’abitazione di famiglia a Campo Ascolano, frazione di Pomezia. L’ordigno, detonato intorno alle 22, ha distrutto i veicoli e danneggiato il cancello e il giardino della casa, generando paura in tutta la zona residenziale. Da anni volto simbolo del giornalismo investigativo, Ranucci aveva già ricevuto in passato numerose minacce legate alle inchieste trasmesse da Report, la storica trasmissione di cui è conduttore e curatore.
Le intimidazioni a Ranucci dopo il servizio su Israele
L’episodio più recente risale al novembre 2024, quando la redazione di Report ricevette una lettera carica d’odio dopo la messa in onda di un’inchiesta di Giorgio Mottola sul conflitto israelo-palestinese. Il messaggio, riportato da Ranucci sul proprio profilo Facebook, conteneva un chiaro riferimento all’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo: “Vi dovreste vergognare per l’ignobile servizio anti Israele… La pulizia etnica la meritereste voi, stile redazione di Charlie Hebdo”. Parole che il giornalista aveva definito “terrificanti” e che lo spinsero ad avvisare immediatamente la scorta. Nel post, Ranucci ricordò la strage del 7 gennaio 2015, quando due uomini armati di Kalashnikov fecero irruzione nella sede del settimanale satirico francese, uccidendo dodici persone tra redattori e poliziotti.
Le reazioni del mondo politico
Le minacce suscitarono una forte ondata di solidarietà. La presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, condannò l’episodio definendolo “un attacco indegno alla libertà di informazione”, auspicando l’immediata individuazione dei responsabili. Anche diversi parlamentari del Movimento 5 Stelle, tra cui Dario Carotenuto, Dolores Bevilacqua e Anna Laura Orrico, espressero la loro vicinanza a Ranucci e alla redazione di Report, sottolineando come il giornalista vivesse già sotto scorta e come le nuove minacce rappresentassero “un ulteriore vile tentativo di intimidire la stampa indipendente”.
Le minacce di morte ricevute da Ranucci
Già nel 2021 Ranucci aveva raccontato di essere nel mirino di un boss legato alla ’ndrangheta, che dal carcere avrebbe incaricato due killer stranieri di eliminarlo. L’episodio, reso pubblico durante un intervento a Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, portò a un innalzamento del livello di protezione a “H24”. “C’è un buontempone che avrebbe dato ordine di colpirmi”, disse ironicamente il giornalista, spiegando poi che si trattava di un uomo molto pericoloso, con legami passati con il cartello di Pablo Escobar e ambienti della destra eversiva.
In seguito, interpellato dall’Ansa, Ranucci chiarì che le indagini avevano accertato il coinvolgimento di due killer, forse di origine albanese, e che per questo la sua abitazione era ora sorvegliata giorno e notte. “Dal 2009 vivo sotto tutela – spiegò – e non posso muovermi senza la scorta. In macchina non posso portare nessuno con me”.
Le prime minacce e la tutela continua
Le intimidazioni contro Ranucci non sono un fenomeno recente. Già nel 2010 il giornalista era finito nel mirino di ambienti vicini al boss mafioso Beppe Madonia, dopo la pubblicazione del libro Il Patto, scritto insieme a Nicola Biondo, incentrato sulla presunta trattativa Stato-mafia. Lo stesso Ranucci ha più volte raccontato le pressioni e le minacce ricevute nel corso della carriera, spesso derivate da inchieste scomode condotte da Report.
Un giornalista nel mirino ma determinato
Nonostante il clima di paura, Ranucci ha sempre ribadito la sua determinazione nel continuare a fare giornalismo d’inchiesta. Dopo l’ennesima escalation di minacce, aveva commentato: “Non mi interessa della scorta intensificata, mi cambia poco la vita. Quello che mi preoccupa è la libertà di stampa”.
Per approfondire: Bomba a Pomezia, distrutte le auto di Sigfrido Ranucci e della figlia





