La vicenda della famiglia nel bosco di Palmoli, al centro di un acceso dibattito dopo l’allontanamento dei tre figli da parte del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila, continua a suscitare reazioni e chiarimenti da parte dei genitori. Nathan e Catherine, protagonisti di questa storia, hanno voluto con una lettera aperta ribadire alcuni punti fondamentali riguardo alle loro scelte e al rapporto con le istituzioni e la comunità locale.
Famiglia nel bosco, nessun rifiuto agli aiuti: la versione dei genitori
In una missiva inviata agli organi di stampa, Nathan e Catherine sottolineano con fermezza che è falso il presunto rifiuto degli aiuti offerti dal sindaco e da privati per una sistemazione abitativa alternativa in attesa della ristrutturazione della loro casa nel bosco. “Non abbiamo mai rifiutato alcun supporto”, affermano i genitori, precisando che ogni loro decisione è stata orientata esclusivamente al benessere psicofisico dei figli, che rappresentano il “baricentro unico e indiscusso del nostro cammino”.
La famiglia ha espresso inoltre il rammarico per la tardività nella presentazione di alcuni documenti richiesti dal Tribunale, che ha limitato la possibilità di dimostrare come l’educazione parentale da loro adottata sia stata “strettamente osservata, curata e gestita” con grande attenzione all’istruzione e all’apertura mentale dei bambini.
Dialogo e collaborazione con il Tribunale
Nella lettera, Nathan e Catherine hanno voluto anche chiarire il loro atteggiamento verso il Tribunale per i Minorenni. “Non abbiamo di fronte un antagonista, ma un’istituzione che, come noi, ha a cuore la salvaguardia e la tutela dei nostri bambini”, scrivono, evidenziando come sia prioritario un confronto dialettico e giuridico che permetta di condividere gli obiettivi comuni.
I genitori hanno spiegato che la decisione di revocare il mandato all’avvocato precedente nasce dalla necessità di instaurare un dialogo più diretto e comprensivo con le istituzioni, e che grazie al supporto dei nuovi legali, Marco Femminella e Danila Solinas, stanno cercando di comprendere appieno le motivazioni contenute negli atti del fascicolo del Tribunale, “per condividerne il fine”.
Inoltre, Nathan e Catherine hanno ringraziato “tutte le persone e i soggetti istituzionali” che li hanno supportati finora, auspicando che tale sostegno continui con “lealtà e serenità”, valori imprescindibili quando sono in gioco i diritti e la vita delle persone.
La famiglia nel bosco: scelte orientate al benessere dei figli
I genitori hanno voluto infine sottolineare la difficoltà di comunicare in lingua italiana, soprattutto per quanto riguarda i tecnicismi legali, essendo di madrelingua diversa. Solo di recente hanno potuto leggere in inglese l’ordinanza del Tribunale e comprenderne appieno il contenuto, un passaggio fondamentale per poter agire consapevolmente.
La famiglia nel bosco di Palmoli rimane così protagonista di una vicenda complessa, in cui si intrecciano aspetti giuridici, sociali e umani. Nathan e Catherine hanno espresso con chiarezza la loro volontà di mantenere un atteggiamento aperto e collaborativo, sempre mettendo al centro la tutela e il benessere dei loro tre figli.
Famiglia nel bosco, Nordio: “Solo controlli preliminari, nessun ispettore inviato”
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiarito che sono in corso esclusivamente verifiche iniziali. Ha spiegato che si tratta di una procedura ordinaria, utile a capire se sia necessario un approfondimento o se il caso possa essere chiuso rapidamente. Ha aggiunto che, al momento, non è stato disposto l’invio di alcun ispettore e che ogni valutazione avverrà solo dopo aver analizzato i risultati di questi accertamenti preliminari.
Il sostegno del borgo vicino
A pochi chilometri da Palmoli, il clima è molto diverso. Nel piccolo centro di San Buono, 840 residenti sulla collina che guarda il fiume Treste, la comunità si è schierata apertamente con Nathan e Catherine, la coppia anglo-australiana che viveva nel casolare insieme ai tre figli. L’allontanamento dei minori deciso dal Tribunale dei minori dell’Aquila è l’argomento dominante nelle case e nei bar del paese, dove l’espressione più ricorrente è diventata “viva la famiglia nel bosco”.
Un borgo scosso dalla nuova attenzione
L’arrivo di giornalisti e curiosi ha rotto la consueta quiete del borgo, solitamente avvolto dal silenzio. Oggi, tra le strade bagnate da una pioggerella leggera, si percepisce un movimento insolito. Chi gestisce il bar della piazza racconta di non aver mai incontrato direttamente la famiglia, ma di sapere che frequentano spesso la zona, dove vivono anche alcuni loro amici.
Il legame con la comunità neorurale
San Buono è uno dei luoghi scelti da diverse famiglie neorurali che hanno optato per una vita immersa nella natura, anche se con modalità meno radicali rispetto a quelle dei protagonisti della vicenda. I boschi che circondano il borgo, ora tinti d’arancio, ospitano da tempo questa piccola comunità, ben integrata e accolta dagli abitanti. Ed è proprio da qui che arriva il sostegno più convinto a Nathan e Catherine, considerati parte di un modello di vita alternativo che molti nel territorio guardano con simpatia.






