Roma, 2 settembre 2025 – Sarebbe stato identificato l’amministratore del forum sessista “Phica”. Secondo quanto riportato da Domani, si tratterebbe di Vittorio Vitiello, 45 anni, originario di Pompei e residente a Firenze. L’uomo è già stato ascoltato dalle autorità dopo la denuncia presentata dalla sindaca del capoluogo toscano, Sara Funaro. Sul portale Phica.eu erano infatti comparse immagini della prima cittadina e di altre figure politiche, accompagnate da insulti e commenti sessisti.
Chi è Vittorio Vitiello, il presunto gestore del sito web
Come ricostruisce l’articolo firmato da Stefano Vergine, Vitiello risulta titolare in Italia della società Lupotto Srl, formalmente impegnata in campagne pubblicitarie sui social attraverso influencer. Inoltre, un’analisi condotta dall’esperto di cyberintelligence Alex Orlowsky, visionata da Domani, mette in relazione l’amministratore del sito con diverse richieste economiche fatte sotto pseudonimi come “Bossmiao” e “Phicamaster” alle vittime che avevano scoperto le proprie foto pubblicate sui forum. La persona dietro quegli alias, secondo l’indagine, avrebbe la stessa identità e la stessa data di nascita di Vitiello.
Il caso di Phica: la ricostruzione
In data odierna, l’amministratore ha inoltre pubblicato un lungo post in cui respinge l’accusa di estorsione (una delle piste investigative della polizia postale). Nella sua versione dei fatti, tutto inizierebbe nel dicembre 2023, quando un utente chiese di eliminare un messaggio riguardante una persona iscritta a OnlyFans. Dopo una prima rimozione, l’utente domandò che venisse cancellata anche una discussione a tema, ma l’admin obiettò che, in assenza di immagini o video, non c’era violazione di copyright e che eliminarla sarebbe equivalso a censura.
Da lì, la proposta di un servizio a pagamento: un membro dello staff avrebbe potuto ricercare e cancellare ogni riferimento alla donna. L’admin lo paragonò a una pizza: “Se vai a ritirarla non paghi nulla in più, ma la consegna a domicilio ha un costo aggiuntivo”.
Seguono trattative economiche: prima 700 euro per 30 giorni di “protezione”, poi uno “sconto” di 300. Si discute di pagamenti in criptovalute, della necessità di inviare documenti d’identità e della compilazione di un modulo. Si arriva a un accordo su Paypal, con la promessa di rimuovere tutti i link esterni a siti pornografici che diffondevano i contenuti della ragazza.
La donna chiese chiarimenti per ottenere un “ban totale” e l’admin le propose pacchetti da 250 a 1000 euro, che comprendevano la blacklist, il monitoraggio costante dei forum e aggiornamenti con screenshot delle rimozioni. Da quel momento nacque un acceso scambio: lei contestava l’efficacia del servizio e minacciava denunce, lui sosteneva di collaborare con la polizia postale dal 2005 e ribadiva che “il lavoro è una cosa, la morale un’altra. Il sito è legale, non morale”.
Dallo scorso 28 agosto, la homepage del sito non mostra più i contenuti originali, sostituiti da pop-up pornografici accessibili a chiunque. In evidenza compare un messaggio: “Tutte le discussioni sono rimosse e a disposizione delle autorità competenti in caso di denuncia, con log e informazioni”. Seguono due indirizzi email, destinati rispettivamente ai contatti con la polizia postale e alle richieste di cancellazione degli account.






