In seguito alla fine prematura della missione della Global Sumud Flotilla, il giornalista Saverio Tommasi e il deputato del Partito Democratico Arturo Scotto hanno partecipato al vodcast “Confidential” di Fanpage per raccontare la loro esperienza a bordo delle navi che hanno provato a raggiungere Gaza. Le loro testimonianze offrono un quadro drammatico e complesso della missione umanitaria, nata con l’obiettivo di portare aiuti a Gaza e conclusasi con un violento abbordaggio israeliano in acque internazionali. Le loro esperienze rivelano una rete di aggressioni militari, manovre diplomatiche fallite e gravi violazioni del diritto internazionale, intrecciate a tensioni politiche interne all’Italia.
Perché Scotto e Tommasi si sono imbarcati sulle navi della Flotilla?
La decisione di Scotto di partecipare è nata dall’invito ricevuto il 15 agosto da Stefano Rebora, a capo dell’ONG Music for Peace, che chiedeva la presenza di parlamentari come garanzia istituzionale alla spedizione. Scotto aveva già visto la situazione al valico di Rafah, con convogli di aiuti bloccati al confine, e resta colpito dall’organizzazione dei volontari a Genova, che in pochi giorni raccolgono molte tonnellate di materiale donato da cittadini, aziende e sindacati. Con la collega Annalisa Corrado aveva chiarito fin da subito di non voler agire da attivista, ma di voler offrire una testimonianza istituzionale per portare visibilità alla crisi.

Tommasi ha aderito alla Flotilla dopo essere stato contattato dagli organizzatori: inizialmente ha esitato perché temeva che la testata lo considerasse troppo schierato, ma poi ha chiesto e ottenuto il via libera. È riuscito a imbarcarsi sulla Karma (una barca dell’Arci inserita nel progetto TOM (Tutti gli Occhi sul Mediterraneo), legata alla memoria di Tom Benettollo e al monitoraggio marittimo) anche quando sembrava che i posti disponibili fossero esaurito.
La traversata della Flotilla: condizioni difficili e attacchi con droni
La navigazione si è svolta in condizioni dure: mare mosso, guasti tecnici e una crescente tensione per i ripetuti attacchi subiti in acque internazionali. Prima di arrivare a Creta, la flottiglia è stata bersaglio di droni che hanno rilasciato ordigni sonori, detti “bombe sonore”. Testimonianze raccolte a bordo indicano che una di queste deflagrazioni ha danneggiato i cavi dell’albero maestro della Karma. Secondo Tommasi, l’ordigno avrebbe potuto uccidere una persona se fosse esploso vicino alla sua testa. Alcuni membri dell’equipaggio, spaventati dall’escalation, hanno deciso di abbandonare la missione. Sull’origine dei droni permangono dubbi: tra le ipotesi ventilate dai partecipanti ci sono il supporto di una nave o sottomarino non identificabile dai radar civili oppure basi in territori limitrofi.
Problemi tecnici e condizioni a bordo
Oltre agli attacchi, la traversata è stata resta complicata anche da difficoltà materiali: onde oltre i due metri hanno causato malessere a molti attivisti, il pilota automatico della barca si è guastato costringendo a turni continui al timone e una pompa di sentina difettosa ha fatto entrare quasi 500 litri d’acqua a bordo. Questi problemi hanno reso la navigazione faticosa e accresciuto la tensione tra i partecipanti.
Divisioni nella risposta del governo italiano
Parlando del supporto del governo italiano alla missione, Tommasi e Scotto hanno parlato di “forti divergenze”. Se da un lato il ministro della Difesa ha deciso di inviare una fregata come strumento di assistenza e deterrenza, mantenendo contatti con i parlamentari a bordo, dall’altro la premier ha criticato duramente la missione e i parlamentari hanno scelto di prendervi parte, arrivando a definire l’iniziativa un’operazione contro la propria persona.
Scotto ha poi accusato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, di aver dato al Parlamento informazioni errate sulle rotte della Karma, affermazioni che i tracciati successivi smentiscono. È stato anche tentato un negoziato informale per istituire un corridoio umanitario a Cipro, con il coinvolgimento di attori quali il Vaticano, ma la rivendicazione pubblica dell’operazione da parte del governo italiano ha compromesso i colloqui con gli attivisti. Il Presidente della Repubblica è intervenuto il giorno successivo con un appello mirato ad abbassare la tensione.
L’abbordaggio: jamming, deviazione e imbarco dei soldati
A circa 35 miglia dalle coste di Gaza la Karma è stata intercettata in acque internazionali: le comunicazioni hanno subito il jamming e il collegamento satellitare Starlink si è interrotto proprio mentre Tommasi era in diretta. Una fregata israeliana ha costretto la barca a deviare verso il porto di Ashdod; poco dopo due gommoni con addetti in volto coperto salgono a bordo, armati. I partecipanti hanno opposto una resistenza non violenta secondo le istruzioni ricevute — mani alzate, passaporti esibiti e astensione dal contatto visivo — ma, una volta bloccati, si sono visti privati di tutti i dispositivi e degli effetti personali, senza la redazione di alcun verbale ufficiale. Tra gli oggetti sottratti vengono indicati telefoni, computer, videocamere e persino libri; per i parlamentari la sparizione dei cellulari è stata particolarmente grave perché i dispositivi contengono conversazioni istituzionali.
Detenzione: umiliazioni e pressioni psicologiche
I fermati sono stati poi trasferiti in un centro detentivo israeliano descritto come duro e caratterizzato, secondo le testimonianze, da frequenti ricoveri e casi drammatici tra i detenuti palestinesi. Il ministro per la Sicurezza ha visitato la struttura in un’apparizione ripresa da telecamere e ha indicato i reclusi come responsabili di gravi atti di violenza. Chi ha provato a protestare ha ricevuto punizioni quali l’immobilizzazione e l’obbligo di rimanere inginocchiato per ore. Tommasi ha raccontato anche episodi di umiliazione personale: gli sono state tolte con forza le fedi nuziali durante la perquisizione ed è stato compiere gesti ripetuti su ordine dei militari, azioni che lui ha collegato a forme di violenza simbolica e psicologica. Nonostante le condizioni, i detenuti hanno cercato dei punti di coesione intonando dei canti di resistenza durante i trasferimenti e festeggiando insieme un compleanno in cella.
Il destino degli aiuti e delle imbarcazioni
Al termine dell’operazione le autorità hanno trattenuto le 300 tonnellate di beni umanitari e sequestrato le imbarcazioni della Flotilla. Tuttora il destino concreto di quei materiali resta incerto: si teme però che siano stati immagazzinati senza un impiego utile. L’Arci ha chiesto il dissequestro della Karma, ma in passato navi coinvolte in iniziative analoghe non sono mai state restituite e Tommasi e Scotto non hanno escluso l’ipotesi che alcune unità siano state danneggiate irreparabilmente o affondate.
Bilancio politico e valore del racconto
Sul piano operativo la missione non è riuscita a raggiungere l’obiettivo materiale di consegnare gli aiuti a Gaza, ma ha prodotto degli effetti rilevanti sul piano dell’informazione e della mobilitazione pubblica: secondo Tommasi e Scotto, l’iniziativa è riuscita a rompere una certa indifferenza e a innescare manifestazioni e mobilitazioni in diversi Paesi. Per Scotto, l’episodio dimostra che la pressione dell’opinione pubblica può mettere in discussione elementi di forza militare che sembrano invulnerabili. Il deputato interpreta inoltre le pratiche adottate dalle autorità come parte di una strategia di de-umanizzazione dell’avversario: ridurre l’altro a una categoria sub-umana rende più accettabili misure dure e violente, osservazione che richiama anche le parole pubbliche di alcuni esponenti militari israeliani citate nei resoconti.
Per approfondire: Israele blocca la nuova Flotilla: nove barche intercettate, attivisti deportati






