Padova, 11 novembre 2025 – Due anni sono trascorsi dalla tragica scomparsa di Giulia Cecchettin, giovane studentessa padovana vittima di un femminicidio che ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana. Nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, il padre di Giulia, Gino Cecchettin, ha voluto condividere il suo doloroso percorso e ribadire l’importanza cruciale dell’educazione affettiva come strumento di prevenzione contro la violenza di genere.
Il dolore di un padre che si trasforma in impegno sociale

“Non sono un politico, non sono un esperto. Sono semplicemente un padre che ha visto la propria vita cambiare per sempre due anni fa”, ha esordito Cecchettin, ricordando la perdita della figlia, “una ragazza piena di vita, curiosa, generosa, capace di vedere il bene anche dove non c’era”. Quel giorno, ha aggiunto, “il mio mondo si è fermato, ma non potevo restare fermo anch’io”. Da qui è nata la Fondazione Giulia Cecchettin, non per alimentare la memoria del dolore, ma per trasformarla in impegno concreto: “Se non cambiamo la cultura che genera la violenza, continueremo a piangere altre Giulie, altre famiglie, altre vite spezzate”.
Durante l’intervento, il presidente della fondazione ha sottolineato il valore della prevenzione: “Non sono qui per chiedere più punizioni o leggi più dure. La giustizia serve, ma arriva sempre dopo. Sono qui per parlare di ciò che può arrivare prima, la prevenzione e quindi l’educazione”. Per Cecchettin, la violenza di genere non è un’emergenza improvvisa, ma un fenomeno strutturale radicato in stereotipi e modelli culturali che si trasmettono di generazione in generazione.
Educazione affettiva: una protezione, non un pericolo
Il padre di Giulia ha difeso con forza l’introduzione di un’educazione affettiva nelle scuole, un percorso che mira a fornire ai giovani “consapevolezza, rispetto e umanità”. “Una scuola che non parla di affettività, di rispetto, di parità è una scuola che lascia soli i ragazzi di fronte a un mondo che grida messaggi distorti”, ha spiegato. “Quando la scuola tace, parlano i social, parlano i modelli tossici, parlano i silenzi degli adulti”.
Secondo Cecchettin, l’educazione è la risposta sistematica più efficace, poiché può insegnare a riconoscere la violenza prima che si trasformi in gesto tragico. “Parlare di educazione affettiva significa insegnare ai ragazzi a conoscere se stessi, a gestire le emozioni, a riconoscere i confini e chiedere e dare consenso. Significa insegnare che l’amore non è possesso, che la forza non è dominio, che il rispetto è la base di ogni relazione”.
In questo contesto, la fondazione continua il proprio lavoro di sensibilizzazione e formazione, con la speranza che un giorno non sarà più necessario ricordare vittime come Giulia, perché la società avrà imparato a rispettare il valore sacro della vita e della libertà di ciascuno.
L’audizione di Gino Cecchettin si inserisce in un ampio dibattito pubblico e istituzionale che, a due anni dalla tragedia, continua a porre l’accento sulla necessità di un cambiamento culturale profondo per prevenire e contrastare la violenza di genere.






