Roma, 11 novembre 2025 – Due anni dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, una giovane studentessa di 22 anni uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, il papà Gino Cecchettin ha parlato in audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, suscitando un lungo applauso. Nel discorso ha raccontato la sua esperienza personale e l’impegno civile che ha intrapreso per contrastare la violenza di genere.
Il dolore di Gino Cecchettin: “Da quel giorno il mio mondo si è fermato”
“Non sono un politico né un tecnico. Sono solo un padre la cui vita è stata stravolta due anni fa”. Con queste parole Gino Cecchettin ha aperto la sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, che ha accolto il suo intervento con un applauso.
Cecchettin ha ricordato chi era sua figlia: “Una ragazza piena di energia, curiosa, generosa, capace di vedere il bene anche dove non c’era”. Poi il dramma che ha cambiato tutto: “Quel giorno il mio mondo si è fermato, ma non potevo fermarmi anche io”.
Ha spiegato come un dolore così assoluto possa annientare ogni prospettiva: “Eventi come questo ti segnano per sempre. Ti portano via anche il futuro: gli abbracci che non ci saranno più, le giornate che non vivrai, i ricordi che non potrai costruire”. Ed è proprio quel vuoto, ha raccontato, che ha sentito il bisogno di riempire dando un senso alla sofferenza.
Da qui la nascita della Fondazione Giulia Cecchettin: “Non è un luogo per coltivare il dolore, ma uno strumento per trasformarlo in impegno. Se non cambiamo la cultura che alimenta la violenza, continueremo a piangere altre Giulie, altre famiglie distrutte, altre vite spezzate”.
Il ruolo della scuola e delle istituzioni
Nel suo intervento, Cecchettin ha insistito sull’urgenza di fornire ai ragazzi strumenti per orientarsi in un contesto sempre più complesso. Quando gli adulti e le istituzioni educative restano in silenzio, ha osservato, a colmare quel vuoto intervengono i social e una serie di modelli negativi che rischiano di plasmare comportamenti e percezioni. Per questo, ha sostenuto che l’educazione rappresenti l’unica risposta realmente strutturale alla violenza di genere. Non si può pensare, ha aggiunto, di demandare alla giustizia ciò che dovrebbe essere affrontato nei luoghi della formazione, dove è possibile insegnare a riconoscere i segni della violenza prima che sfocino in atti irreparabili.
Un impegno nato dal dolore
Gino Cecchettin ha spiegato come il suo impegno e quello della Fondazione siano nati dalla volontà di impedire che altre famiglie debbano provare lo stesso dolore. Ha espresso la speranza che un giorno non ci sia più bisogno di fondazioni nate per ricordare giovani donne uccise, perché la società avrà imparato a riconoscere e proteggere il valore fondamentale della libertà e della vita di ogni individuo.
Cecchettin chiede un cambiamento coraggioso
In chiusura del suo intervento, Cecchettin ha rivolto un appello chiaro: scegliere l’educazione come primo strumento di giustizia e come via più efficace per prevenire la violenza. Ha invitato la Commissione e le istituzioni a compiere una scelta coraggiosa, perché solo investendo nella formazione delle nuove generazioni si potrà costruire un futuro diverso, nel nome di Giulia e di tutte le donne che hanno perso la vita a causa della violenza.
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