Il caso di Garlasco continua a riempire le pagine di cronaca di tutta Italia e impegnare gli inquirenti: ecco quali sono i loro dubbi
Il caso di Garlasco continua a sollevare interrogativi e incertezze, a distanza di anni dall’omicidio di Chiara Poggi. Le evidenze emerse negli ultimi giorni, in particolare le impronte ritrovate vicino al corpo della vittima, stanno, infatti, gettando nuove ombre e dubbi su ciò che accadde in quel 13 agosto del 2007. Chi ha ucciso davvero Chiara Poggi nella sua casa di via Pascoli? Quante persone sono coinvolte? Tutte domande a cui gli inquirenti stanno cercando di dare una risposta. Per riuscirci, però, prima bisogna risolvere altri dilemmi. Ecco quali sono i dubbi di chi sta effettuando le indagini.
I video intimi e gli altri dubbi
Nuovi elementi emergono nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi, rilanciando interrogativi mai del tutto sopiti. Secondo indiscrezioni riportate da La Repubblica e dal Corriere della Sera, nel corso degli ultimi interrogatori sarebbero stati rivolti ad Alberto Stasi – ex fidanzato di Chiara e in carcere per l’omicidio – quesiti legati ad alcuni video intimi che avrebbe condiviso con la ragazza. Stasi avrebbe confermato il racconto fatto nel 2007 da Marco Poggi, fratello della vittima, che riferì dell’esistenza di un filmato salvato sul computer della sorella, lasciando intendere che potesse contenere immagini della loro vita privata.
Il file, secondo Marco, sarebbe stato individuato casualmente un anno prima del delitto. Dopo il funerale, lo stesso Marco ne avrebbe parlato direttamente con Stasi, che ne avrebbe ammesso l’esistenza. Tuttavia, a quel computer avrebbero avuto accesso anche Andrea Sempio – all’epoca amico di Chiara – e un altro giovane, oggi frate.
L’ossessione di Sempio per Stasi
Un altro tassello si aggiunge al mosaico grazie ai post pubblicati da Andrea Sempio su Facebook, in particolare nei giorni chiave delle condanne di Stasi – in appello nel 2014 e in Cassazione nel 2015. In uno di questi, condiviso il 17 dicembre 2014, si legge: “L’essenziale è invisibile agli occhi… non dimenticare il mio segreto”, una citazione de Il Piccolo Principe che – secondo La Repubblica – richiama vagamente i biglietti trovati nella spazzatura della famiglia Sempio: “Ho fatto cose molto brutte che nessuno può immaginare”. I legali di Sempio, tuttavia, affermano di non essere a conoscenza di tali messaggi.
Il mistero delle impronte: spunta “l’Ignoto 1”
Uno dei punti centrali delle indagini ruota attorno all’ormai celebre “impronta 33”, trovata nei pressi del corpo di Chiara Poggi e attribuita, secondo i Ris, ad Andrea Sempio per la corrispondenza con 15 minuzie dattiloscopiche. Sempio ha ammesso di aver frequentato la casa: “Sono stato in tutte le stanze, tranne quella dei genitori. Lì dentro, bene o male, ho toccato di tutto”. L’impronta è stata rilevata grazie all’utilizzo della ninidrina spray, che ha reagito mostrando una colorazione rossastra, inizialmente scambiata per sangue.
Ma c’è un secondo dettaglio che inquieta gli inquirenti: la cosiddetta “impronta 10”, trovata sulla parte interna della porta d’ingresso della villetta. Apparterrebbe a una mano sporca di sangue, ma non è riconducibile né a Stasi, né a Sempio, né ai familiari di Chiara. Gli investigatori ritengono che possa appartenere a una figura ancora sconosciuta, ribattezzata dai media Ignoto 1.
Un alibi che scricchiola
L’alibi di Andrea Sempio, basato su uno scontrino di un parcheggio a Vigevano, è ora al centro di nuove verifiche. Quel giorno, secondo quanto riferito inizialmente, Sempio si sarebbe recato in città per andare in libreria, trovandola però chiusa. Per gli investigatori, tuttavia, avrebbe avuto il tempo necessario per recarsi a Garlasco, commettere l’omicidio e poi tornare a Vigevano.
Ad alimentare i sospetti, il ruolo della madre di Sempio, Daniela Ferrari. Convocata lo scorso aprile, si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma avrebbe avuto un malore quando le è stato nominato un certo Antonio, vigile del fuoco di Vigevano, con cui la donna si sarebbe scambiata alcuni messaggi tra il 12 e il 13 agosto. Il suo cellulare, in effetti, avrebbe agganciato una cella proprio a Vigevano quella mattina. L’ipotesi investigativa è che sia stata lei, e non Andrea, a effettuare il pagamento del parcheggio.
Un dettaglio ambiguo riguarda anche la scoperta dello scontrino: secondo quanto riferito, fu il padre di Andrea a ritrovarlo nell’auto “mentre la ripuliva”, giorni dopo il delitto. Venne conservato per oltre un anno prima di essere consegnato ai carabinieri.