Il delitto di Garlasco è destinato a far discutere sempre. Per una settimana sarà possibile chiedere chiarimenti su dati, tabelle e metodologie utilizzate. Successivamente, avvocati e consulenti potranno leggere la relazione definitiva sul dna che la genetista Denise Albani consegnerà al gip di Pavia, Daniela Garlaschelli. Quel documento, che il perito depositerà entro il 5 dicembre, rappresenterà il fulcro di una prova che il procuratore aggiunto Stefano Civardi e le pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza ritengono ormai consolidata: la traccia genetica individuata su due unghie delle mani di Chiara Poggi rimanda alla linea paterna della famiglia Sempio e quindi, per inferenza, all’indagato Andrea.
Garlasco, l’incidente probatorio sul dna
L’udienza conclusiva dell’incidente probatorio sul delitto di Garlasco, fissata per il 18 dicembre a Pavia, si annuncia particolarmente tesa. I difensori di Sempio e quelli della famiglia Poggi preparano già memorie e controdeduzioni. Le posizioni sono due: da un lato gli avvocati Gianluigi Tizzoni e Francesco Compagna, che assistono rispettivamente i genitori e il fratello di Chiara, insieme al genetista Marzio Capra hanno definito “nulli” quei risultati fondati sulla biostatistica, metodo ormai consolidato nella comunità scientifica internazionale.
Dall’altro lato, gli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, con i consulenti Armando Palmegiani e Marina Baldi, stanno stilando un elenco di oggetti che Andrea Sempio potrebbe aver toccato nella villetta di via Pascoli: non contestano gli esiti, ma intendono dimostrare che il dna possa essersi trasferito per contatto indiretto.
Si profila così un confronto tecnico, tra aplotipi, alleli, elettroferogrammi e loci. Da una parte ci sono i rappresentanti della famiglia Poggi, convinti che l’ultima parola — dna degradato e non comparabile — fosse già stata espressa dal perito Francesco De Stefano nel 2014. Dall’altra chi ritiene superate quelle conclusioni, ribadite nel 2017 nella prima indagine su Sempio. Sono sette i genetisti che lo hanno sostenuto nel tempo: quattro (Fabbri, Linarello, Ricci e Roewer) nelle consulenze per l’allora imputato Alberto Stasi, due (Previderè e Grignani) per l’attuale accusa e l’ultima, Albani, in qualità di perito terzo.

Le nuove analisi su impronte e sul corpo di Chiara
Una volta superato questo passaggio, l’indagine entrerà in una fase più ampia. Sono infatti in corso nuovi esami sull’impronta 33, quella lasciata dal palmo di una mano destra sul muro della scala dove fu rinvenuto il corpo di Chiara Poggi. I dattiloscopisti Iuliano e Caprioli, nominati dai pm, l’hanno attribuita a Andrea Sempio, posizione condivisa dagli esperti Ghizzoni, Ricci e Linarello, consulenti dei difensori di Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis. Secondo loro quell’impronta conterrebbe tracce di sangue, nonostante i Ris di Parma lo avessero escluso nel 2007 e benché il frammento di intonaco non sia più disponibile. Si tratta di un punto delicato, già contestato dalle consulenze Garofano-Bisogno (per Sempio) e Redaelli-Biondi (per la famiglia Poggi) ed escluso in sede di incidente probatorio.
Questo sarà un nuovo fronte di confronto, con tempistiche ancora non definite. Lo stesso vale per la consulenza affidata dalla Procura di Pavia all’anatomopatologa Cristina Cattaneo, incaricata di rivedere i rilievi sul corpo di Chiara Poggi e stabilire modalità e numero delle armi con cui fu uccisa il 13 agosto 2007. Il suo esame si intreccerà con la nuova Bpa (Bloodstain pattern analysis) già depositata dal colonnello del Ris di Cagliari Andrea Berti: circa 300 pagine che propongono una nuova interpretazione della dinamica dell’aggressione sulla base delle tracce ematiche nella villetta.
Le carte non ancora rese note dalla Procura di Pavia
Infine, restano i materiali raccolti dai carabinieri della sezione Omicidi del Nucleo investigativo di Milano nei nove mesi di indagine sul delitto di Garlasco. Si va dalle verifiche sullo scontrino che Andrea Sempio presentò nel 2008 come alibi, agli accertamenti sul possibile movente — mai chiarito neppure nelle sentenze contro Alberto Stasi — fino alle presunte coperture nella prima indagine del 2017. Un filone che la Procura di Brescia proseguirà, nonostante il Riesame abbia bloccato i sequestri dei supporti elettronici.
Dopo aver ascoltato nuovamente il carabiniere Silvio Sapone, richiesto spiegazioni agli avvocati Massimo Lovati, Federico Soldani e Simone Grassi, e acquisito la versione dell’ex pm Giulia Pezzino (che seguì l’indagine con Mario Venditti), sarà sentita l’ex sostituto procuratore generale Laura Barbaini. Fu lei, pur senza una richiesta di revisione, a trasmettere ai colleghi di Brescia gli atti riservati di quella inchiesta, rendendoli accessibili e non più coperti da segreto. Sempre lei inviò a Venditti due memorie dettagliate, contribuendo a tracciare il percorso verso un’archiviazione già delineata per un’indagine che non ebbe mai pieno sviluppo.





