Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi continua a suscitare interrogativi e perplessità a distanza di quasi diciotto anni dal tragico evento. Il delitto, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia, ha portato alla condanna di Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima, ma numerosi aspetti delle indagini restano controversi e richiedono ulteriori chiarimenti. Le nuove investigazioni, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, evidenziano anomalie e lacune che potrebbero influenzare la comprensione della verità su questo caso.
Nonostante la sentenza definitiva che ha condannato Stasi a sedici anni di reclusione per omicidio volontario, restano ancora dei dubbi sull’effettiva colpevolezza dell’ex fidanzato della vittima. Le indagini iniziali hanno presentato numerosi punti critici, tra cui la gestione della scena del crimine, l’analisi delle prove e il trattamento di elementi chiave come i tabulati telefonici e i reperti. Recenti sopralluoghi e analisi di materiali mai esaminati prima hanno riacceso l’attenzione su dettagli che, sebbene trascurati all’epoca, potrebbero rivelarsi determinanti.
I sopralluoghi e le prove
Tra i punti più controversi delle indagini iniziali ci sono i sopralluoghi effettuati dai Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) nei giorni successivi all’omicidio. Questi sopralluoghi, avvenuti tra il 21 agosto e il 3 ottobre 2007, hanno mostrato che alcune delle impronte raccolte erano già compromesse o invisibili, a causa dell’uso di polveri per il rilievo delle impronte prima dell’analisi con il Luminol. Un elemento chiave è rappresentato dai capelli lunghi e scuri trovati nel lavandino, dove, secondo le sentenze, il presunto killer si sarebbe lavato dopo il delitto. La gestione delle prove è stata messa in discussione, con molti che sottolineano come le impronte lasciate dagli inquirenti stessi potessero aver compromesso la scena del crimine. Infatti, alcuni carabinieri entrarono senza indossare né calzari né guanti.
Un’altra anomalia significativa è stata la raccolta tardiva di alcuni reperti, come le scarpe di Stasi, sequestrate dopo diciannove ore dall’omicidio e senza tracce di sangue. Inoltre, i tappetini dell’auto di Stasi sono stati prelevati solo una settimana dopo il delitto. Questi ritardi e la mancanza di un protocollo rigoroso hanno aperto la strada a dubbi sulla validità delle prove presentate in tribunale.
Nuove indagini e reperti inediti
Le attuali indagini, dirette dal procuratore Fabio Napoleone e dai suoi collaboratori, hanno messo in luce la presenza di reperti mai analizzati prima, rinvenuti negli uffici dell’istituto di Medicina legale di Pavia. Tra questi, la spazzatura di casa Poggi, contenente elementi potenzialmente significativi per il caso. Inoltre, i tabulati telefonici sono stati acquisiti in modo irregolare, lasciando fuori alcune figure che potrebbero rivelarsi cruciali per il chiarimento della vicenda.
Le celle telefoniche esaminate riguardano solo l’area di Garlasco e per un periodo limitato, creando ulteriori interrogativi sulle comunicazioni del giorno dell’omicidio. La mancanza di una visione complessiva delle comunicazioni telefoniche ha sollevato dubbi sulla possibilità di ricostruire con precisione gli spostamenti dei sospettati e le loro interazioni.
La manipolazione delle prove
Uno degli aspetti più controversi riguarda l’utilizzo del computer di Stasi, sul quale quest’ultimo stava scrivendo la sua tesi. Gli inquirenti hanno avuto accesso al computer e lo hanno utilizzato più volte, collegando hard disk esterni prima di eseguire un’analisi forense. Questa manipolazione ha portato a interrogativi sulla validità delle prove digitali presentate in aula. Inoltre, la scoperta di immagini pedopornografiche sul computer, che si è rivelata infondata, ha sollevato ulteriori dubbi sulla condotta degli investigatori.
Un altro elemento chiave è l’orario della morte di Chiara, che è stato oggetto di modifiche nel corso dei processi, creando confusione sia tra gli inquirenti che tra i legali coinvolti.
La figura di Andrea Sempio
Nel corso delle indagini sono emersi anche dettagli riguardanti Andrea Sempio, un testimone chiave che ha presentato lo scontrino di un parcheggio come prova per dimostrare la propria assenza dalla scena del crimine. Tuttavia, secondo i pm, Sempio si sarebbe sentito male in un momento non chiarito, un particolare che non è stato riportato nel verbale originale. Questo solleva interrogativi sulla completezza e sull’affidabilità delle testimonianze raccolte dagli inquirenti.
Infine, l’impronta numero “33”, inizialmente considerata non utile dai Ris, è stata riconsiderata in seguito dagli esperti, portando a un nuovo esame delle prove. Questa impronta, secondo i consulenti della Procura, potrebbe appartenere solo all’assassino, essendo stata lasciata in un punto molto vicino al cadavere.
Le nuove indagini stanno quindi cercando di fare luce su un caso che, sebbene giunto a una conclusione giudiziaria, continua a sollevare interrogativi e a richiedere chiarimenti su aspetti fondamentali. La complessità di questa vicenda, unita alle lacune delle indagini iniziali, rende il percorso verso la verità ancora lungo e tortuoso.