Nell’ultima puntata di Falsissimo, la serie su Youtube di Fabrizio Corona, ospite dell’ex re dei paparazzi un volto ormai noto per le famiglie italiane: Massimo Lovati, l’avvocatore difensore di Andrea Sempio, indagato nel caso del delitto di Garlasco.
Massimo Lovati ospite di Fabrizio Corona
Sempre più provocatorio, sempre più orientato all’effetto mediatico, anche a costo di rischiare un clamoroso “effetto boomerang”. È la linea comunicativa che da mesi caratterizza l’avvocato Massimo Lovati, difensore di Andrea Sempio, indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007. Una strategia che non accenna a rallentare e che ha raggiunto nuovi livelli – o nuovi abissi – nelle dichiarazioni rese a Fabrizio Corona durante un colloquio ad alto tasso alcolico, registrato per l’ultima puntata di Falsissimo, la serie diffusa sul canale YouTube dell’ex re dei paparazzi.
Il tema era inevitabilmente il caso Garlasco e l’indagine per corruzione che coinvolge l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. Di lui Lovati parla con sorprendente benevolenza: “A me è simpatico. Io sono sempre stato un giocatore di ippica, di cavalli. L’ho conosciuto anche lì“. Corona lo incalza chiedendogli se anche lui avesse il vizio del gioco. Lovati risponde ridendo: “Eh sì. Vizio… allora ce l’ho anch’io. Eravamo appassionati di ippica. Nel 2010“. Poi la conversazione si fa più insidiosa. Corona accenna all’ipotesi che i corruttori possano essere stati i genitori di Sempio. L’avvocato replica con tono disinvolto: “Ma anch’io, però… ma io non me ne frega un caz…“. Alla domanda se tema di essere indagato, ribatte: “Secondo me no, ma qualcuno vorrebbe farlo intendere“.
Lovati appare per un attimo più cupo: «Adesso si è aggiunta quella roba lì della corruzione e quella lì… io posso anche far finta che non me ne frega un caz…, però quella pesa». Quando Corona risponde: «Perché è vera», Lovati allarga le braccia: «Eh beh!». Una battuta che suona come un’ammissione, alimentando dubbi e polemiche.
Gli incubi ricorrenti e il possibile inquinamento delle prove
Non mancano i riferimenti a un mondo onirico, con l’avvocato Lovati che parla a Corona dei propri incubi ricorrenti. Dice di non avere un grande rapporto con il suo assistito Andrea Sempio: “Io con lui non voglio parlare. Il giorno prima del Fruttolo l’ho chiamato alle cinque del mattino, l’ho fatto venire in studio e gli ho detto: Andrea, vattene fuori dai cogl… almeno venti giorni, ti prendi le ferie“. Il consiglio, dato alla vigilia degli esami biologici sui rifiuti della casa dei Poggi, somiglia più a un invito a sparire. Lovati spiega: “Avevano il dna, il tampone salivare, col cotton fioc. Sai, è un attimo“. Poi mima il gesto di chi spennella un oggetto, insinuando il dubbio di un possibile inquinamento volontario delle prove da parte dei periti nominati dalla gip Daniela Garlaschelli. “Lì, sei morto!“, conclude. Ma l’ipotizzato depistaggio, osserva lui stesso, non si è mai concretizzato.
Lovati non si limita al caso Poggi. Passa ad attaccare altri protagonisti della cronaca giudiziaria, rilanciando accuse e teorie già note e altre nuove. Torna a evocare la presenza di una “massoneria bianca”, da cui proverrebbero i veri assassini di Chiara. Chiama in causa persino il defunto professor Angelo Giarda, primo difensore di Alberto Stasi, che a suo dire avrebbe fatto parte della stessa “combriccola” e avrebbe messo in contatto Stasi con i reali esecutori del delitto, in cambio di un racconto falso per coprire la verità.
Non risparmia neppure gli inquirenti attuali. “Napoleone – dice – da quello che mi hanno riferito, qualche talpone che ci ho anch’io, voleva chiedere l’archiviazione. Quell’altro invece, quello dell’Opus Dei, quel maledetto… Civardi“. Secondo l’avvocato, quest’ultimo sarebbe colpevole di eccessiva insistenza investigativa.
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Lovati e il caso di Yara Gambirasio
A un certo punto, la conversazione deraglia sul caso Yara Gambirasio. Da Corona, Lovati immagina quale sarebbe stata la sua linea difensiva se avesse rappresentato Massimo Bossetti: “Io gli dicevo: io, Bossetti, sono l’amante di Yara Gambirasio, ci trovavamo tutte le settimane e…“. Segue una frase irripetibile. “Ecco perché c’è il mio dna. Condannatemi per violenza sessuale con minorenne consenziente, non per omicidio. Io non l’ho uccisa. Vincevi il processo“. Una provocazione che lascia interdetto persino un personaggio come Corona, abituato agli eccessi.






