Un’impronta sulla coscia sinistra di Chiara Poggi potrebbe riscrivere, almeno in parte, la dinamica del delitto avvenuto a Garlasco nel 2007. A lanciare la nuova ipotesi è il professor Pasquale Mario Bacco, medico legale, in un’intervista al settimanale Giallo. Secondo Bacco, la traccia visibile sulla gamba della giovane non sarebbe stata provocata da un tacco o da una scarpa, come ipotizzato in passato, ma sarebbe “compatibile con il piedino di una stampella dotata di pallini antiscivolo”.
L’impronta, mai mostrata prima d’ora, ha una forma netta e geometrica composta da tre segni circolari. “Immaginare un tacco con tre protuberanze è alquanto improbabile. Una stampella, invece, offre una spiegazione più coerente con la forma lasciata sull’arto”, spiega il professore. A suo avviso, si tratterebbe di un ematoma provocato da un colpo secco e diretto, inflitto mentre Chiara era già a terra: un gesto che Bacco definisce come un “segno di disprezzo”.
Di chi era la stampella?
Se l’impronta non corrisponde alle scarpe attribuite ad Alberto Stasi, allora di chi potrebbe essere? I sospetti si indirizzano verso Paola Cappa, all’epoca dei fatti amica intima di Andrea Sempio e presente nella cerchia vicina alla vittima. Cappa non è mai stata indagata, ma si sa che nei giorni successivi al delitto appariva molto provata fisicamente e usava una stampella per muoversi, a causa di un incidente in bicicletta. Lei stessa rivelò di aver tentato il suicidio poco tempo prima, chiamando anche il 118: un episodio che fu riportato dalla stampa.
Chiara Poggi tentò di fuggire?
Le lesioni rinvenute su braccia e gambe di Chiara Poggi fanno pensare a una possibile fuga interrotta bruscamente. “Potrebbero essere espressione di caduta durante un tentativo di scappare”, osservano gli esperti. Quel che è certo è che Chiara non ha avuto modo di difendersi attivamente. Nonostante la scena del crimine sia stata compromessa da numerosi accessi non controllati nelle ore successive all’omicidio, gli esiti dell’autopsia hanno escluso che le ferite siano state provocate dopo la morte o da soccorritori: la ragazza era ancora viva quando le ha subite.
I dubbi sul racconto di Stasi
Torna d’attualità anche la testimonianza rilasciata da Alberto Stasi subito dopo il ritrovamento del corpo. “Mi colpì che parlasse del volto di Chiara come pallido, quando in realtà era completamente insanguinato e coperto dai capelli”, ricorda Gennaro Cassese, all’epoca comandante dei carabinieri di Vigevano, intervenuto sulla scena del crimine e tra i primi a interrogare Stasi, poi condannato a 16 anni per omicidio.
Cassese aggiunge che, dopo aver ricevuto una foto della vittima da Pavia, la mostrò a Stasi, che reagì “con estrema calma e freddezza”. L’episodio verrà raccontato in un’intervista in onda su Sky Tg24 venerdì 13 giugno, all’interno del documentario La verità di Garlasco – L’omicidio di Chiara Poggi, firmato da Tonia Cartolano e Diletta Giuffrida.
Le criticità delle indagini iniziali sull’omicidio di Chiara Poggi
Il generale Giampietro Lago, ex comandante del Ris di Parma e altro protagonista del documentario, sottolinea come proprio il caso Garlasco abbia rappresentato uno spartiacque per le forze investigative italiane. “Ha mostrato chiaramente quanto fosse necessario migliorare l’approccio alla scena del crimine”, dichiara Lago. “Nella fase iniziale sono stati commessi errori e negligenze, e questo è già stato riconosciuto nelle sentenze”.
A distanza di diciotto anni, restano ancora interrogativi aperti. E ogni nuova traccia o interpretazione, come quella dell’impronta sospetta, riapre un dibattito mai davvero chiuso sulla verità di quel giorno d’agosto del 2007.






