Pavia, 23 luglio 2025 – Prosegue con fermezza l’attività della Procura di Pavia nell’ambito dell’inchiesta sul delitto di Garlasco, che vede al centro della vicenda la condanna definitiva di Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi. La difesa di Stasi ha risposto con decisione alle recenti affermazioni del legale di parte offesa, sottolineando come la Procura agisca esclusivamente nell’interesse della giustizia.
Garlasco, la Procura e l’incidente probatorio sull’impronta 33
Nel corso dell’ultima udienza sul delitto di Garlasco, è stato al centro del dibattito il rifiuto da parte della Procura di ammettere nell’incidente probatorio la cosiddetta “impronta 33“, una traccia palmare rinvenuta sul muro della casa della vittima e attribuita agli inquirenti ad Andrea Sempio, attuale indagato nella nuova indagine. L’allora fidanzato di Chiara Poggi, Alberto Stasi, è stato condannato a 16 anni di reclusione per il delitto.
Giada Bocellari, uno dei difensori di Stasi, ha chiarito che durante l’udienza la giudice per le indagini preliminari (gip) ha chiesto alle parti se fossero d’accordo sull’estensione dell’incidente probatorio al confronto delle impronte paradesive con altri soggetti. La difesa di Sempio si è opposta con fermezza, così come la parte offesa, che aveva richiesto l’estensione anche all’impronta 33. Bocellari ha evidenziato però la sostanziale differenza: mentre le impronte paradesive erano già oggetto dell’incidente probatorio per la parte genetica, l’impronta 33 era esclusa da tale procedimento.
Antonio De Rensis, altro legale di Stasi, ha inoltre sottolineato che la difesa non ha mai richiesto l’incidente probatorio sull’impronta 33, bensì tale richiesta è stata avanzata da altri soggetti. Ha spiegato che si tratta semplicemente di una “fotografia”, e che spetterà al giudice decidere sulla sua ammissione qualora venga presentata una richiesta in tal senso.
Le nuove indagini sul delitto di Garlasco, l’attuale posizione di Alberto Stasi
I legali di Stasi ribadiscono la fiducia nella giustizia indipendentemente dall’esito delle indagini. Lo ha affermato De Rensis all’udienza in corso per la nomina di un perito dattiloscopista nell’ambito della nuova inchiesta. Ha evidenziato come gli accertamenti in corso, che coinvolgono la Procura di Pavia, i carabinieri di Milano e i Ris, mirino a esaminare ogni elemento disponibile con la massima attenzione procedurale.
Le nuove analisi riguardano in particolare i reperti rinvenuti nella spazzatura di casa Poggi a Garlasco e i fogli di acetato contenenti impronte papillari repertate diciotto anni fa, per verificare la presenza di materiale genetico utile a eventuali confronti. Dai primi riscontri non sarebbe stato trovato materiale genetico sufficiente per estrarre profili di Dna comparabili, nemmeno nell’impronta 10, quella sulla porta di ingresso che era considerata dagli investigatori come la possibile “mano sporca” del killer.
In parallelo, la Corte di Cassazione ha confermato l’ordinanza che mantiene Alberto Stasi in regime di semilibertà: Stasi, detenuto dal 2015, è al lavoro esterno dal 2023 e da oltre due mesi esce la mattina per rientrare la sera in carcere. La Procura generale di Milano aveva contestato tale ordinanza per motivi formali, tra cui un’intervista televisiva concessa da Stasi durante un permesso premio, ma il ricorso è stato rigettato dalla Suprema Corte.
Il ruolo delle perizie scientifiche nelle indagini
La perita Denise Albani, incaricata dal gip Daniela Garlaschelli, ha escluso che il profilo di Dna maschile denominato “Ignoto 3”, isolato su una garza prelevata diciotto anni fa dalla cavità orale di Chiara Poggi, sia frutto di contaminazione recente. Tale profilo è oggetto di accertamenti incrociati con i Dna delle persone che hanno avuto accesso al laboratorio nelle ultime settimane, al fine di escludere inquinamenti accidentali.
Le nuove analisi si concentreranno inoltre sul confronto del profilo genetico con quelli di soggetti entrati in contatto con la vittima all’epoca del delitto, per chiarire se “Ignoto 3” possa essere collegato a un complice. Nel frattempo, la difesa di Andrea Sempio sostiene che i risultati preliminari confermano che l’indagato non si trovava sulla scena del crimine.
L’incidente probatorio fissato per il 23 luglio a Pavia prevede l’incarico al perito dattiloscopista Domenico Marchigiani per individuare e comparare ulteriori impronte sui reperti della spazzatura di diciotto anni fa e sui fogli di acetato contenenti tracce papillari. Questi accertamenti rappresentano un passaggio cruciale per far luce su elementi rimasti oscuri nel corso delle precedenti indagini.






