Le indagini sul delitto di Garlasco tornano a concentrarsi sulle tracce biologiche trovate sotto le unghie di Chiara Poggi. Secondo le ultime ipotesi, quel materiale genetico potrebbe non appartenere a nessuno degli indagati ma essere frutto di una contaminazione. I periti stanno valutando se, durante l’autopsia, sia stata usata la stessa forbice sia per tagliare la garza — su cui era stato isolato il DNA del cosiddetto “Ignoto 3” — sia per prelevare i campioni ungueali della vittima. La prossima udienza è fissata per il 26 settembre, quando in Tribunale a Pavia verrà chiesta una proroga dei tempi. La relazione finale degli esperti, infatti, non sarà pronta per l’udienza già calendarizzata al 24 ottobre, facendo slittare ulteriormente la conclusione dell’incidente probatorio.
Omicidio di Chiara Poggi, le analisi del 2014 e i nuovi sospetti
Il nodo resta la rivalutazione della perizia eseguita nel 2014 dal professor Francesco De Stefano durante l’Appello bis ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio. All’epoca non emerse un profilo genetico completo e attribuibile con certezza a qualcuno. Solo due anni più tardi, i genetisti della difesa di Stasi indicarono una possibile compatibilità con Andrea Sempio, ipotesi sostenuta di recente anche dal consulente nominato dalla Procura di Pavia. È proprio da questa rivalutazione che ha preso il via il nuovo filone di indagine e, di conseguenza, l’incidente probatorio disposto dal gip.
La questione dei dati mancanti
Per chiarire ogni dubbio, sarebbe necessario tornare ai dati grezzi delle analisi del 2014. Tuttavia, secondo quanto riportato da Fanpage.it, tutto il materiale disponibile sarebbe già confluito nella perizia e ciò che manca non sarebbe più recuperabile. Nel frattempo, prende corpo un’altra possibilità: che il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi non sia legato ad ambienti familiari, ma a contaminazioni avvenute durante l’autopsia.
Le ipotesi di contaminazione del Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi
La perizia del 2014 descriveva quel frammento di materiale genetico come “contaminazione da contatto” con un oggetto presente nella villetta di via Pascoli, sul quale potevano esserci tracce di altre persone. Ma oggi i sospetti si allargano. Secondo ricostruzioni giornalistiche, durante l’autopsia sarebbe stata utilizzata la stessa forbice per tagliare la garza del tampone orale e per prelevare i frammenti di unghia. Proprio quella garza, analizzata nelle scorse settimane, aveva restituito il DNA dell’“Ignoto 3”, risultato poi essere una contaminazione da sala autoptica: il materiale apparteneva a un altro cadavere esaminato poco prima nello stesso obitorio.
Le prossime mosse
Se la stessa forbice fosse stata davvero usata in entrambe le operazioni, quel DNA potrebbe essere finito anche sulle unghie di Chiara Poggi, falsando i risultati. I periti sono ora chiamati a stabilire se questa ipotesi possa reggere dal punto di vista scientifico. Resta però un ostacolo: non esiste più materiale ungueale su cui eseguire nuove analisi. L’attesa è quindi tutta per le conclusioni della relazione tecnica, che dovranno chiarire quanto pesi davvero l’ombra della contaminazione sull’intero impianto probatorio del caso Garlasco.
Per approfondire: Garlasco, Ris: “Nessun secondo killer nella scena del delitto di Chiara Poggi”






