Milano, 3 luglio 2025 – Nel corso delle indagini sul delitto di Garlasco, emergono nuove e importanti considerazioni sulla traccia palmare 33 rinvenuta sulla parete delle scale che conducono alla cantina, luogo in cui fu trovato il corpo senza vita di Chiara Poggi. Secondo la relazione tecnica dei consulenti della difesa di Andrea Sempio, il nuovo indagato nel caso, questa impronta non presenta elementi sufficienti per un’attribuzione certa all’uomo.
Impronta “confusa” con segni presenti sul muro
Gli esperti nominati dalla difesa, Luciano Garofano e Luigi Bisogno, hanno messo in evidenza come l’impronta palmare 33, catalogata già nel 2007 dal reparto scientifico dei Carabinieri del Ris di Parma, sia caratterizzata da un numero limitato di punti caratteristici — al massimo cinque — insufficienti per un confronto affidabile. Inoltre, la difesa denuncia un errore metodologico da parte dei consulenti della Procura di Pavia, che avrebbero scambiato per minuzie papillari reali quelle che sarebbero in realtà interferenze murarie, segni del muro, e non strutture papillari genuine.
La consulenza sottolinea come i metodi adottati dalla Procura non abbiano rispettato i protocolli scientifici validati e che non si sia proceduto a una validazione accreditata del percorso analitico. Gli esperti difensivi hanno inoltre evidenziato la presenza di quattro dettagli geometricamente forzati per essere fatti coincidere con le creste papillari, un errore verificabile anche a occhio nudo.
Nuove indagini e battaglie legali
L’impronta in questione, trovata sulla parete destra della scala che porta in cantina, è stata da sempre considerata poco utile dalla prima perizia del Ris, che la definiva “priva di creste potenzialmente utili”. Tuttavia, una nuova consulenza ha attribuito recentemente la traccia a Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Nonostante ciò, la difesa di Sempio ha annunciato una ferma opposizione a questa interpretazione, pronta a presentare eccezioni sull’inutilizzabilità delle impronte, sia vecchie sia nuove.
La vicenda si inserisce in un quadro investigativo complesso, che dopo 18 anni ha portato alla riapertura del caso, con l’ipotesi che all’omicidio di Chiara Poggi possano aver partecipato più persone.
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