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Home Cronaca

Francesca Mannocchi racconta la diagnosi di sclerosi multipla e “la glacialità del neurologo”

La testimonianza di Francesca Mannocchi sulla diagnosi di sclerosi multipla: tra dolore, resilienza e impegno giornalistico

by Giacomo Camelia
18 Novembre 2025
Un primo piano di Francesca Mannocchi

CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Roma, 18 novembre 2025 – La giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, nota per il suo impegno nel raccontare conflitti e migrazioni attraverso reportage per testate italiane e internazionali come LA7, L’Espresso, Al Jazeera e The Guardian, ha rinnovato il suo racconto personale sulla convivenza con la sclerosi multipla. Mannocchi, affetta dalla malattia e in cura con ocrelizumab, ha ripercorso con durezza e sincerità il momento della diagnosi, sottolineando la freddezza con cui è stata comunicata da un neurologo e le difficoltà di affrontare un male invisibile che ha cambiato radicalmente la sua vita.

Un primo piano di Francesca Mannocchi
Dipartimento della Protezione Civile from Roma, Italia, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

La scoperta della sclerosi multipla: un’esperienza traumatica

Durante una recente intervista al Corriere della Sera, Francesca Mannocchi ha ricordato come tutto sia iniziato con una mattina in cui si svegliò senza sentire metà del corpo. In quel momento, lei e il fotografo Alessio Romenzi, suo compagno all’epoca e padre del figlio Pietro, erano in procinto di partire per seguire la guerra a Mosul, in Iraq. Per questo decise di sottoporsi a una risonanza magnetica d’urgenza in una clinica privata.

“Di quel giorno mi è rimasto soprattutto il colore del linoleum della clinica e la glacialità del neurologo – racconta Mannocchi – che, dopo essersi fatto pagare profumatamente l’esame, mi freddò senza alcuna preparazione con una domanda: ‘Ma lei dove vuole andare nel suo stato?’”. Una frase che, più di qualsiasi diagnosi, segnò profondamente la giornalista, tanto da farle piangere per la prima e ultima volta per anni.

Malattia e guerra: un parallelo doloroso

Nel corso degli anni, Francesca Mannocchi ha elaborato il suo rapporto con la malattia, trovando nella convivenza con la sclerosi multipla un nuovo modo per osservare e raccontare la realtà, in particolare i conflitti. “La malattia e la guerra sono simili – spiega – amplificano al massimo il bene e il male. Quando stai bene sei felicissimo, quando stai male sei tristissimo”. Questa riflessione è emersa anche dal suo lavoro giornalistico, che l’ha portata a realizzare reportage e documentari di grande impatto, come il pluripremiato Isis, Tomorrow. The Lost Souls of Mosul (2018), presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, o l’ultimo documentario Lirica ucraina (2024), vincitore del David di Donatello per il miglior documentario nel 2025.

La sua esperienza personale di malata ha arricchito la sua sensibilità verso le storie di chi vive sotto il peso della guerra, come raccontato durante un incontro in un campo profughi in Cisgiordania. Qui, un padre spiegò a Mannocchi l’importanza di un linguaggio che vada oltre le etichette semplicistiche come “terrorista”, capendo che dietro ogni scelta c’è una storia di violenza e sofferenza.

La vita quotidiana di Francesca Mannocchi e il ruolo di madre

Francesca Mannocchi è anche madre di Pietro, un bambino di nove anni che vive la realtà della malattia della madre con un equilibrio delicato. “Quando vado in televisione – racconta – lui sente quello che dico ma non vede le immagini, perché non voglio che percepisca la mamma in situazioni di pericolo”. Mannocchi ha scelto di non far crescere Pietro con quella pedagogia distorta che usa la sofferenza altrui come monito, ma è consapevole della distanza enorme tra le tragedie vissute nel mondo e le lamentele quotidiane di chi vive in una realtà più protetta.

La giornalista, che ha iniziato la sua carriera nelle radio romane legate alla sinistra radicale, passando poi per esperienze quali Nessuno Tv e l’insegnamento, ha ripreso a piangere dopo sette anni dalla diagnosi, un segno di una nuova fase di accettazione e di forza interiore che le permette di raccontare la malattia con maggiore profondità.

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