Torino, 28 dicembre 2025 – Emergono nuovi dettagli nell’inchiesta sui finanziamenti ad Hamas: tra gli atti risulta il nome di Mohamed Shahin, imam di Torino, coinvolto nelle indagini che hanno portato a nove misure cautelari per sette milioni di euro di fondi raccolti e destinati al movimento palestinese attraverso associazioni.
L’imam di Torino nell’inchiesta sui finanziamenti ad Hamas
Secondo quanto riportato dall’edizione locale de La Repubblica, Mohamed Shahin, che non risulta formalmente indagato, è citato negli atti dell’inchiesta per i suoi rapporti con alcuni degli arrestati. Shahin avrebbe partecipato a conversazioni con figure chiave della rete di raccolta fondi, tra cui Yaser Elasaly e Mahmoud El Shobky, ritenuto il referente per la raccolta dei soldi in Piemonte, Sicilia, Sardegna e lungo la costa adriatica. In una telefonata intercettata il 26 luglio 2025, Shahin viene menzionato da Elasaly nel contesto del trasferimento di denaro destinato agli sfollati e bisognosi di Gaza.
Ulteriori conversazioni del 6 febbraio 2024 rivelano che Shahin è stato coinvolto in discussioni relative all’apertura di un conto corrente per una nuova associazione, individuata come veicolo per la raccolta di fondi destinati ad Hamas, in collaborazione con l’Associazione benefica di solidarietà con il Popolo palestinese.
Controversie e mobilitazioni per l’imam
Mohamed Shahin è anche al centro di una vicenda personale delicata: destinatario di un decreto di espulsione firmato dal ministro Piantedosi, sarebbe stato trattenuto nel Centro di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) di Caltanissetta. La decisione è scaturita da alcune dichiarazioni pubbliche di Shahin, in particolare un intervento al megafono durante una manifestazione a Torino in cui commentava gli attacchi del 7 ottobre 2023, suscitando polemiche. L’imam ha sempre negato di sostenere la violenza, affermando di voler solo il riconoscimento della sovranità del popolo palestinese.
A Torino si sono susseguite mobilitazioni quotidiane di cittadini e associazioni per evitare l’espulsione, sottolineando il ruolo di Shahin come figura attiva nel quartiere San Salvario, impegnato nel dialogo interreligioso e nel contrasto allo spaccio. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato il rischio concreto che Shahin possa subire torture e detenzioni arbitrarie in Egitto, paese da cui proviene e dove la situazione dei diritti umani è gravemente compromessa.
Il ricorso per la richiesta di asilo è stato depositato e sostenuto da un ampio fronte di attivisti e avvocati che chiedono alle autorità italiane di rispettare i principi internazionali di protezione e non-refoulement. La vicenda rappresenta un caso emblematico di tensione tra sicurezza nazionale, diritti umani e libertà di espressione nel contesto del delicato conflitto israelo-palestinese.






