Proseguono le indagini sulla tragica vicenda del femminicidio di Sara Campanella, la giovane studentessa universitaria di 22 anni uccisa brutalmente a Messina da Stefano Argentino, collega di corso e reo confesso dell’omicidio. A poche settimane dalla morte del 27enne, che si è tolto la vita nel carcere di Gazzi, emergono nuovi sviluppi giudiziari che coinvolgono la madre dell’assassino, Daniela Santoro, denunciata dai legali della famiglia Campanella per presunto favoreggiamento e concorso morale nel delitto.
La denuncia contro la madre del femminicida
I legali della famiglia di Sara Campanella, gli avvocati Cettina La Torre, Filippo Barbera e Riccardo Meandro, hanno depositato un esposto presso la Procura di Messina nei confronti di Daniela Santoro, madre di Stefano Argentino. Nell’atto, corredato da messaggi WhatsApp e bigliettini scambiati tra madre e figlio durante la detenzione, si evidenziano indicazioni della donna rivolte al figlio di non parlare né inviare messaggi in carcere, consapevole che le conversazioni fossero intercettate dagli investigatori.
Tra i messaggi più inquietanti, uno in cui Stefano scriveva alla madre dopo aver saputo della morte di Sara: “L’avevo detto io perché l’avevo colpita in quel punto lì”. Un altro messaggio, di cui non è certo l’invio, recita: “Mamma, tu sai quanto io sia vendicativo…”. I legali sostengono che Daniela Santoro fosse al corrente della personalità violenta del figlio e non avrebbe fatto nulla per impedirne il comportamento criminoso. Per questo, ipotizzano nei suoi confronti i reati di favoreggiamento e concorso morale nella commissione del reato.
La dinamica del femminicidio e le indagini sulla fuga
Il 27enne Stefano Argentino, studente fuori corso di Biotecnologie originario di Noto, aveva perseguitato Sara Campanella per oltre un anno con attenzioni ossessive e molestie, documentate da messaggi vocali e video acquisiti dalle forze dell’ordine. Il giorno dell’omicidio, avvenuto sotto gli occhi di decine di testimoni, Sara aveva inviato un messaggio alle amiche con la frase: “Il malato mi segue”, denunciando la situazione di pericolo in cui si trovava.
Le videocamere di sorveglianza hanno immortalato Stefano che pedinava la vittima dall’uscita dal Policlinico universitario fino al luogo dell’aggressione, dove l’ha colpita alla gola con un coltello, arma mai ritrovata. Nonostante i soccorsi, Sara è morta poco dopo in ospedale.
Subito dopo il delitto, Argentino si è rifugiato in una casa vacanza di proprietà della madre a Noto, distante 180 chilometri da Messina, dove è stato fermato dai carabinieri. Gli inquirenti sospettano che soggetti terzi abbiano aiutato l’assassino a fuggire e a nascondersi: un aspetto al centro delle indagini che coinvolgono anche la madre di Stefano.
Nel frattempo, sono sette gli indagati per il suicidio in cella di Argentino, tra cui la direttrice e la vice direttrice del carcere di Gazzi, il responsabile del trattamento e quattro esperti psichiatrici e psicologi incaricati della sua custodia. Il giovane si è impiccato con un lenzuolo nonostante fosse sotto sorveglianza, che era stata recentemente attenuata in seguito a un miglioramento delle sue condizioni mentali.
Il processo a Stefano Argentino, che avrebbe dovuto iniziare oggi, 10 settembre, davanti alla Corte d’assise di Messina per il reato di omicidio aggravato, premeditato e con crudeltà, si è concluso con un non luogo a procedere per estinzione del reato a causa della morte del reo.
La famiglia di Sara Campanella continua a chiedere giustizia e verità, con la madre della vittima che lancia un appello a tutte le donne a denunciare ogni forma di molestia e persecuzione, affinché tragedie simili non si ripetano più.






