Ancona, 6 dicembre 2025 – Si è svolta questa mattina nell’istituto penitenziario di Montacuto, ad Ancona, l’udienza di convalida del fermo di Nazif Muslija, operaio macedone di 50 anni, indagato per l’omicidio volontario aggravato della moglie Sadjide Muslija, 49 anni, deceduta dopo essere stata brutalmente picchiata nella loro abitazione di Pianello Vallesina, frazione di Monte Roberto (Ancona).
L’udienza di convalida e le dichiarazioni dell’imputato
Durante l’udienza, tenutasi in videocollegamento davanti alla gip di Macerata, Daniela Bellesi, Muslija ha fornito una versione frammentaria e confusa dei fatti, rispondendo con ripetuti “non ricordo” e “non so” alle domande sulla dinamica dell’omicidio. L’uomo, assistito dall’avvocatessa d’ufficio Gloria Droghetti, si è mostrato visibilmente scosso, ma non ha formulato alcun commento riguardo alla vittima, né ha fornito dettagli utili a ricostruire quanto accaduto. Ha affermato di essersi risvegliato al pronto soccorso dell’ospedale di Camerino senza memoria dell’accaduto, negando anche di aver litigato con la moglie il giorno dell’omicidio.
La gip ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere per Muslija, disponendo inoltre una relazione sulle sue condizioni psicofisiche da parte dei servizi sanitari del carcere. L’uomo era già noto alle forze dell’ordine per maltrattamenti domestici, avendo patteggiato una condanna a un anno e dieci mesi a seguito di una precedente aggressione nei confronti della moglie, avvenuta lo scorso aprile.
Femminicidio nelle Marche: dettagli
La vittima è stata trovata senza vita nella mattinata del 3 dicembre, con evidenti segni di percosse e ferite causate presumibilmente da un tubo metallico da cantiere rinvenuto vicino all’abitazione. Nazif Muslija, che dopo il delitto era scomparso, è stato rintracciato alcuni giorni dopo in una zona boschiva di Matelica, gravemente ferito e in stato di shock, presumibilmente a seguito di un tentativo di suicidio.
L’indagine ha messo in luce una grave falla nel sistema di tutela previsto per i soggetti condannati per reati di “codice rosso” quali maltrattamenti in famiglia. Il percorso obbligatorio di recupero per uomini maltrattanti, imposto al momento del patteggiamento, non è mai stato avviato a causa della mancanza di posti disponibili nelle strutture preposte. Lo stesso avvocato di Muslija aveva espresso preoccupazione per questa situazione, suggerendo una terapia privata in attesa dell’inizio del percorso previsto dalla legge.
La procuratrice di Ancona, Monica Garulli, ha sottolineato come questa criticità rappresenti un problema serio nel contrasto alla violenza domestica e che, se il percorso di recupero fosse stato attuato tempestivamente, forse gli eventi tragici sarebbero potuti essere evitati, pur ribadendo che nulla scusa la responsabilità del reo.





